venerdì 31 agosto 2012

Insalata pantesca


Non ho mai avuto la fortuna di andare a Pantelleria ma conosco bene alcuni suoi piatti tipici perchè ne ho assaggiati di simili nel trapanese o per averne letto su ricettari vari.
Per pantesco si intende a base di ingredienti mediterranei come olive nere, capperi, pomodori, origano.
I capperi sono un vanto dell'isola, sono protetti dal marchio IGP e sono a dir poco eccezionali, un impareggiabile complemento a insalate, piatti e pizze cui non rinuncio.
Ne consumo qualche chilo l'anno, sempre e comunque sotto sale, di diverse pezzature, più sono piccoli più sono pregiati.
La pianta produce fiori bellissimi con lunghi pistilli colorati dal bianco al rosa al violetto, i bottoni floreali vanno raccolti il prima possibile e messi in salamoia perchè altrimenti sono amarissimi, proprio come le olive.
Se invece si lasciano maturare i fiori si ottengono i cucunci, ossia i frutti, di forma allungata e ovoidale con un lungo picciolo che si conservano sotto aceto e si utilizzano come stuzzichino per gli aperitivi, ma il loro sapore è diverso dal cappero.
Oggi ho fatto un'insalata con patate novelle, pomodorini, sgombri lessati e spinati, olive e una bella e dolce cipolla rossa di Tropea appena riportatami da Max.
La mia scorta di olive di Kalamata non finisce mai, penserete... provate voi a consumarne un barattolone di circa 3 kg... sono fortunata che riesco a mantenerle perfette sino all'ultima.

-ricetta-
500 g patate nuove
100 g piccoli datterini
10 olive nere denocciolate
2 cucchiai colmi di capperi al sale
1/2 cipolla di Tropea
2 sgombri
origano
olio evo
pepe

Lesso gli sgombri in una pentola con acqua e aromi, poi quando sono tiepidi li sfiletto.
Sbuccio le patate e le taglio a spicchi, quindi le metto in un cestello sopra una pentola di acqua salata in ebollizione e le cuocio a vapore sino a che non sono tenere ma ancora compatte.
Metto a bagno i capperi in acqua fresca che cambio un paio di volte poi li scolo e li strizzo bene.
Taglio a filetti i pomodori e le olive, affetto sottile la cipolla.
Prendo un'insalatiera e ci metto le patate ormai fredde, i pomodori e tutti gli altri ingredienti, macino un po' di pepe e spargo abbondante origano secco poi completo con un giro d'olio.
Mescolo con delicatezza e sopra appoggio i filetti di sgombro.
Siccome ho spesso del pane avanzato ne taglio qualche fetta che faccio grigliare velocemente in una padella antiaderente e porto in tavola.



giovedì 30 agosto 2012

Baby back ribs (puntine di maiale) alla birra e miele di rosmarino


Non c'è nulla di più conviviale che condividere con gli amici.
E io continuo a farmi del male scegliendo di accendere il forno nonostante le temperature africane che continuano ad accompagnarci in questa torrida estate... no, dico! (parlo al meteo) conservaci qualche bella giornata anche per settembre quando saremo al mare! mica che dopo arrivano tempeste e mareggiate una dietro l'altra.
Comunque, per accompagnare degnamente i vini rossi servono o ottimi formaggi o carni succulente.
L'amico Max.Pa è rientrato da poco dalle sue vacanze a Diamante in Calabria, e siccome aveva il compito di riportarmi cipolle di Tropea, peperoncini, 'nduja e peperoni cruschi, il minimo che potessi fare era invitarlo a pranzo e approfittarne per stappare una bottiglia di Cirò Rosso.
Allo scopo ho scelto di cucinare al forno una teglia di piccole puntine di maiale dopo che le ho fatte marinare in miele e birra e condite successivamente con sweet chilli sauce.
Scelgo puntine piccole e il più magre possibile ed elimino la maggior parte dei filetti di grasso visibile.
Una cottura lenta in forno le renderà fondenti al punto che la carne si staccherà dall'osso senza fatica.
Non mangio miele ma mi piace acquistarne dei tipi più strani come questo, ligure, ai fiori di rosmarino, poco dolce e senza quel retrogusto mielato dei millefiori.
La birra basta che sia una bionda leggera, molto basic come dico io, (birra che non berrei mai e che uso solo in cucina, come certi Champagne o metodo classico che uso solo per i risotti...) perchè non deve dominare dato che al piatto finito ci si abbina del vino che sarà, in onore alla terra di Calabria, un Cirò di Librandi, da 100% uve Gaglioppo, annata 2010, fruttato e ancora freschissimo.
Dosi per 6

-ricetta-
1.2 kg di puntine
2 cucchiai di miele di rosmarino
2 lattine di birra lager
1 cipolla
3 foglie di alloro
un pezzo di zenzero candito
2 spicchi di aglio
sweet chilli thai sauce
sale, pepe, paprika

Prendo una grande boule, sciolgo il miele nella birra e metto anche le foglie di alloro spezzettate e lo zenzero a dadini, taglio la cipolla a spicchi e in questa marinata immergo tutta la carne facendo in modo che sia tutta ricoperta. Chiudo con pellicola e metto in frigorifero per una notte.
La mattina scaldo il forno a 150°, prendo una teglia e la spolvero di paprika, aggiungo i due spicchi d'aglio vestiti e ci metto le puntine ben sgocciolate e private dei pochi grasselli visibili, quindi inforno.
Ogni 30' giro le puntine aiutandomi con una pinza e continuo la cottura per circa 2 ore.
Nell'ultima mezz'ora cospargo con poca sweet chilli sauce e alla fine lascio riposare in forno caldo dopo aver messo un pochino di sale e poco pepe.
Porto in tavola con l'insalata di champignon come contorno.

mercoledì 29 agosto 2012

Saltimbocca con l'imbroglio


E stiamo per arrivare a settembre... il tempo vola, se penso che mancano 86 giorni a Natale!
Detto così mi fa una certa impressione, dal momento che non sono ancora andata in vacanza, che per me equivale a stare al mare, nuotare, oziare leggendo vagonate di libri e cucinare per gli amici!
Qualcuno, sarcasticamente, sostiene che io sia sempre in vacanza visto dove ho la fortuna di abitare e, in effetti, i mesi estivi non mi pesano potendo godere della terrazza e di un panorama riposante come quello del lento scorrere delle acque dell'Adda.
Mi ritrovo spesso a pensare a quanta strada fa quella stessa acqua che mi passa davanti, quanta ne ha già fatta dalla Valtellina a qui e quanta ne farà ancora sino a confluire nel Po.
Ullalà, che pensieri profondi! dai Jo, svegliati e parla dei falsi saltimbocca o saltinbocca, gli originali sono un vanto della cucina romana e sono composti da fettine di vitello, salvia, prosciutto, burro e farina più uno spruzzo di vino bianco in cottura. Forse il loro nome deriva dal fatto che sono tanto buoni che ti saltano in bocca, uno dietro l'altro.
Questi invece sono finti, simili nella costruzione ma a base di verdure.
Ne ho trovato un paio di ricette una su Cucina Moderna, l'altra non so, il solito ritaglio senza nome...
Carote e zucchine l'ingrediente base, prosciutto crudo formaggio e salvia per completare.
Per il prosciutto è una buona soluzione utilizzare l'avanzo di un gambetto, se ne trovano ai banchi salumeria dei supermercati a prezzi scontati, il mio è il residuo di un pezzo di prosciutto crudo che ho affettato nelle ultime settimane, prodotto in Val Seriana da Ca' del Botto, ottimo e molto ben stagionato.
Saltinbocca che non vengono passati in padella ma gratinati in forno.
E vabbè, proviamo. Trovo siano una bella soluzione per un antipasto, un finger food o un buffet, ma anche come leggero secondo.
Per le dosi fate a occhio, a seconda di quanti ne volete preparare, calcolatene 3/4 a testa per un aperitivo, qualcuno di più se destinati alla cena.
Cucinare è il mio modo di ringraziare tutti gli amici che numerosi ci sostengono in un momento difficile...e il Doc è felice di stappare qualche buona bottiglia.

-ricetta-
1 zucchina grande
1 carota grande
fettine di prosciutto crudo
fettine di formaggio tipo latteria
foglie di salvia



Taglio la carota sbucciata e la zucchina spuntata a fettine oblique spesse pochi millimetri.
Sbollento in acqua acidulata e salata prima le carote per 2' poi le zucchine, metto il tutto a scolare e asciugare stendendole su canovacci puliti.
Inizio a comporre i saltimbocca sovrapponendo una zucchina, una carota, una piccola fettina di prosciutto e di formaggio, completo con la foglia di salvia, infilo uno stecchino per tenere il tutto e allineo man mano i pacchettini sulla placca rivestita di cartaforno e leggermente oliata.
Passo velocemente sotto il grill oppure metto in forno caldo, a 170°, per 15'.
Accomodo i saltimbocca in bella mostra su un vassoio e servo.

Il prosciutto orobico ci ha fatto pensare ad un accostamento regionale per cui ci siamo orientati verso un Franciacorta Brut Rosè di carattere, di un piccolo produttore di Calino di Cazzago, Vigna Dorata.

Il mio intuito non si è sbagliato... sono deliziosi!

martedì 28 agosto 2012

e per finire... Zola e Pinot Gris d'Alsace


C'è un antico detto milanese, ma pure lombardo, la bocca l'è minga stracca se la sa nò de vacca, che vuol dire che a fine pasto bisogna concludere con un pezzetto di formaggio, a guisa di dessert.
E con Daniele questo detto lo abbiamo degnamente rispettato servendo in tavola uno zola dolcissimo con extra goccia, acquistato dal mio formaggiaio preferito, e stappando all'uopo una bottiglia di Pinot Gris d'Alsace, il Grand Cru Furstentum vendemmia 2004 di Albert Mann, un produttore proprietario viticultore a Wettolsheim, nel sud dell'Alsazia sotto Colmar.
Questo nettare dal colore giallo dorato ha intensi profumi di pasticceria alla crema, note di burro e di pasta lievitata da croissant, è di una tale complessità che risulta difficile descriverlo, ha un rientro di note agrumate e in bocca esplode con sapori di pera e susine gialle. E nessun residuo zuccherino di troppo.
Questo, come altri vini alsaziani, non è certo un vino facile da bere nè da abbinare eppure, quando si centra l'accostamento, può regalare emozioni uniche.
Abbiamo provato ad accostarlo anche al merluzzo coi cruschi e ci stava molto bene, ma con un semplice pezzetto di zola ultra cremoso è risultato essere in abbinamento perfetto.
E così abbiamo onorato il detto milanese e, per concludere in freschezza, ho servito pesche bianche marinate in un goccio di vino bianco.

lunedì 27 agosto 2012

Filetti di merluzzo e peperoni cruschi


Sempre per gli amici di Milano, amici veri e di lunga data, miei testimoni di nozze nonchè odontoiatra di famiglia lui, ho cucinato giorni fa questo piatto saporito e godurioso.
Quanto mi piacciono i peperoni cruschi, ora che ne ho un serto a disposizione mi sfogo e li metto quasi ovunque.
Si conservano in luogo asciutto per un anno, ma i miei non ci arriveranno mai, temo che nel giro di poche settimane li avrò, tragicamente, terminati.
C'è sempre internet... con pochi clic si possono ordinare e arrivano direttamente a casa.
L'abbinamento col merluzzo è fantastico, in Basilicata ci sono ricette favolose.
Questa però me la sono inventata lì per lì, cuocendo a modo mio i filetti surgelati, arrotolandoli e fermandoli con uno stecchino.
Erbe aromatiche nel soffritto di cipolla e per finire il tocco di qualche crusco spezzettato.
Semplicità assoluta e golosità garantita. Una ricetta veloce e facilissima.
E se non ci sono cruschi a disposizione? In commercio si trovano peperoncini rossi dolci, possiamo sempre provare a farli seccare infilandoli per il picciolo su uno spaghino, non avranno lo stesso sapore ma un certo che lo regalano anche loro, oppure possiamo utilizzare dell'ottima paprika dolce in polvere, abbondando con la dose.

-ricetta-
400 g di filetti stesi di merluzzo
1 cipolla rossa di Tropea
3 peperoni cruschi
timo e origano freschi
olio evo
sale, pepe
vino bianco

Scongelo i filetti e li asciugo bene con carta da cucina poi li arrotolo fermandoli con uno stecchino.
Affetto la cipolla e sfoglio i rametti di aromatiche.
Scaldo un velo d'olio in una larga padella insieme alle erbe aromatiche, metto la cipolla e la faccio appassire lentamente, quando inizia a diventare trasparente metto i rotolini di merluzzo, li faccio dorare da ogni lato poi sfumo con un bicchiere di vino bianco, lascio che la parte alcolica evapori poi salo leggermente (ho usato un pizzico di sale rosso delle Hawaii) e metto i peperoni spezzettati, cui ho tolto solo il torsolo lasciando alcuni semi, in modo che insaporiscano il sugo.
Copro e lascio cuocere una decina di minuti smuovendo appena la padella e girando i filetti ogni tanto.
Dopo un paio di minuti di riposo porto in tavola disponendo i filetti col loro intingolo in una teglia di ceramica.
Non avete idea di quanto sapore regalino questi peperoni.

Abbiamo continuato col Verdicchio Riserva, il Salmariano del 2008 di Marotti Campi... assolutamente perfetto anche con questo piatto saporito e profumato.




domenica 26 agosto 2012

I peperoni cruschi di Senise


Buongiorno amici!
Dove non arrivo io, se posso, mando i miei inviati speciali, così quest'anno uno dei compiti di Max.Pa, in vacanza a Diamante, è stato quello di riportarmi questa prelibatezza da Senise, un paesino lucano dove ha approfittato per fare una gitarella.
Si chiamano così dei peperoni dolci con polpa sottile, che secca velocemente, prodotti a Senise e in pochi altri comuni lucani ai piedi del Parco del Pollino e che hanno la denominazione IGP.
Una volta raccolti vengono stesi per qualche giorno su graticci per una prima asciugatura poi infilati in serte e appesi a essiccare, passeggiando per i paesi inclusi nella denominazione se ne vedono alle finestre, sotto i portici, ovunque.
Lo stesso paesaggio tinto di rosso che si ritrova nei paesi baschi a Espelette, Pirenei francesi, dove però la qualità coltivata è piccante.
Questi peperoni di Senise sono molto versatili in cucina, l'uso maggiore che si fa da quelle parti è di friggerli in abbondante olio extravergine d'oliva e servirli come croccante contorno, oppure si possono sbriciolare sulla pasta, aggiungere a un semplice aglio e olio, sulle frittate, in vari sughi per il pesce, in polvere nell'impasto della focaccia. Tutti da provare.
La frittura è il momento più delicato, dev'essere attenta perchè altrimenti si corre il rischio di bruciarli e di dover buttare via tutto.
E' per questo che in loco consigliano di friggere in olio caldo i peperoni a pezzetti e invece di mettere in olio freddo quelli interi e di mescolarli nella padella quando l'olio ha raggiunto il calore adatto.
Costano molto ma rendono anche tanto, per una frittata o un sugo ne bastano un paio, e come snack croccante 5/6 spezzettati in 3/4 parti.
Con l'avvento di internet è ora possibile acquistarli e farseli spedire con pochi click.
Fine del commento, seguiranno i miei esperimenti in cucina! :-)

sabato 25 agosto 2012

Funghi cremini con citronette


Volete un'idea per un contorno leggero, fresco e delicato?
Mai pensato di affettare sottilmente gli champignon e poi condirli con una citronette?
Dei funghetti apparentemente insapori riveleranno invece inaspettati pregi, non saranno come un'insalata di ovuli o piccoli porcini crudi, ma ci si può ugualmente ritenere soddisfatti del risultato finale.
Il tempo di preparazione è minimo e la resa, per 500 g di funghi, è massima.
Si accompagnano a tutte le carni, al pesce e ai formaggi.
Era da molto tempo che non rispolveravo la ricetta, questo susseguirsi di settimane bollenti mi ha stimolato alla ricerca di leggerezza almeno nei contorni, dato che li ho abbinati a delle puntine al forno.
Unica accortezza sceglieteli ben sodi e chiusi, sono più compatti e si affettano meglio, naturalmente ho utilizzato la mandolina in ceramica ma se non c'è basta un coltellino affilato e un po' di precisione nel tagliare le fettine.

-ricetta-
500 g champignon cremini
1 limone
prezzemolo
olio evo
sale e pepe

Dopo aver pulito e privato della radice i funghi li affetto sottilmente facendoli ricadere in più strati in un grande piatto da portata.
Preparo la citronette: trito a coltello le foglie di un mazzetto di prezzemolo, spremo il limone e lo emulsiono con olio, sale e pepe (regolandomi secondo il gusto, ho trovato un limone succosissimo per cui ne ho usato solo mezzo) e aggiungo il trito di prezzemolo.
Verso il tutto sui funghi e porto in tavola.

venerdì 24 agosto 2012

Sorbetto di kiwi


Continua il grande caldo, stavolta ci tocca Lucifero, poi non sapranno più a quale diavolo intitolare queste infernali settimane agostane.
E io continuo a produrre sorbetti che vanno via come neve al sole, perchè sono un valido sistema per regalarsi un po' di sollievo e reintegrare sali e vitamine e spesso sostituiscono la (mia) cena.
L'actinidia deliciosa è un frutto nativo del sud della Cina i cui semi furono introdotti in Nuova Zelanda da una preside di ritorno da un viaggio nello Yichang.
Vennero piantati nel 1906 e il primo raccolto fu del 1910. Il nome lo scelsero perchè cercavano qualcosa di breve e di locale, e kiwi è l'uccello simbolo della nazione oltre che il soprannome della popolazione neozelandese.
Coltivati inizialmente in giardini privati, la vera commercializzazione iniziò dopo la seconda Guerra Mondiale grazie alla facile trasportabilità, tanto che l'Italia è ora il maggior produttore al mondo.
Eppure io coi kiwi sono esterofila e gradisco molto di più quelli neozelandesi, nonostante le produzioni italiane siano di alto livello per il consumo a tavola preferisco il sapore e la consistenza dei kiwi importati dagli antipodi.
Questi frutti sono molto ricchi in vitamina C ed E, e in potassio. Mediamente calorici, sono una buona fonte di fibre e acidi grassi contenuti nei semi.
Miscelati con succo di lime e zucchero diventano un gradevole sorbetto che ha proprietà dissetanti, energizzanti e anche lassative.

-ricetta-
7 grossi kiwi
100 ml sciroppo di zucchero
50 g zucchero
1 lime

Sbuccio i kiwi poi li introduco nel robot con lo sciroppo, lo zucchero semolato e il succo del lime.
Frullo sino ad ottenere una crema che verso in una vaschetta e metto in congelatore.
Prima di consumarlo lo lascio per breve tempo a temperatura ambiente o mezz'ora in frigorifero.
Lo servo guarnendolo con fettine di kiwi.


giovedì 23 agosto 2012

Farfalle con salsiccia, ribes e mirtilli


Ci sono amici che vengono raramente a trovarci a casa, ci si vede di frequente ma per altri motivi e sempre in città.
Quando abbiamo la fortuna di dividere la tavola con loro, sono sempre un po' in difficoltà perchè a Ester non piacciono un sacco di cose, ma ormai la conosco così bene che so quali alimenti evitare e su quali invece puntare.
Daniele, per contro, è un grand gourmand, con lui è una soddisfazione sempre!
Quindi ho studiato molto bene il menu per il nostro pranzetto sul fiume, e alla fine ho scovato questo insolito abbinamento per un'insalata di pasta corta da servire a temperatura ambiente, per smorzare la calura opprimente di Lucifero.
L'idea di base l'ho presa da un allegato alla Cucina Italiana, lì però il condimento non prevedeva la salsiccia che invece ho aggiunto per dare un quid di salino, la sola frutta mi convinceva poco.
E ho avuto ragione, ne è uscito un piatto fresco, leggero, stuzzicante e divertente anche per il colore.
Provare per credere.
Dosi per 4

-ricetta-
280 g farfalle o altra pasta corta
125 g ribes rosso
125 g mirtilli
150 g pisellini in scatola
2 salsicce mantovane
1 fiordilatte
1 mazzetto di menta
olio evo, sale, pepe
gin

Inizio col preparare l'olio aromatizzato alla menta, stacco le foglie e le trito grossolanamente, metto il trito in infusione in 50 ml d'olio extravergine per 40'.
Preparo quindi la salsiccia, la spello e la sgrano con una forchetta poi la faccio rosolare in una padellina e quando è colorata la sfumo con un bicchierino di gin che infiammo e quando la fiamma si spegne continuo la cottura per 5'.
La verso in una terrina, quella stessa in cui condirò la pasta, e la faccio intiepidire.
Scolo bene i piselli e li metto nella terrina con la salsiccia.
Lavo la frutta, sgrano i ribes e metto tutto insieme al resto del condimento.
Sgocciolo il fiordilatte in modo che perda molto del suo latticello e lo taglio a dadini che finiscono anche loro insieme al resto.
Condisco con metà dell'olio aromatico, non serve sale perchè c'è già la salsiccia, macino poco pepe.


Nel frattempo ho lessato le farfalle al dente e le ho stese a freddare su un largo vassoio condendole col resto dell'olio aromatico.
Per finire mescolo la pasta al condimento e lascio che riposi mezz'ora affinchè i sapori si fondano insieme.

Un calice di Verdicchio DOC dei Castelli di Jesi, Classico Riserva, del 2008 di Marotti Campi, il Salmariano, da uve raccolte in vendemmia tardiva che, coi suoi sentori di frutta e fiori di campo e sapore asciutto, morbido e fresco ma con grande corpo, tiene la sapidità della salsiccia e l'agrodolce della frutta.
Un vino ancora freschissimo, ma si sa, il Verdicchio è un bianco che sopporta bene alcuni anni di invecchiamento in cantina.


mercoledì 22 agosto 2012

Torta bertolina con uva fragola

Siamo in pieno periodo di vendemmia e questo mi sembra un dolce ad hoc.
Ho pescato questa ricetta sempre nel volumetto regalatomi da Paola (pilota), siamo in piena stagione dell'uva fragola, leggermente diversa da quella americana che mangiavo a chili dalla nonna.
Quella aveva acini più grandi ed un sapore particolarissimo e tutte le famiglie ai tempi, parlo dei '60, ne ricavavano un vino scurissimo, quasi blu da tanto le bucce tingevano, il clinton, poi vietato perchè si ritiene fosse troppo ricco in metanolo. Gli uomini lo bevevano in scodelle di terraglia bianca, sbreccate e irrimediabilmente tinte di violetto.
Oggi si trova in commercio l'uva fragola, che ha chicchi più piccoli e adatti alla preparazione di torte e confetture.
Cercando notizie su questo dolce mi sono ritrovata con parecchi dubbi, sul web esistono ricette che si proclamano 'originali' sia di una torta dolce a base di farina, uova, burro e zucchero sia a base focaccia, ossia con farina 00 e di mais, zucchero e lievito di birra. E ripiene o di cipolline borettane o di uva.
Le accomuna l'origine cremasca o cremonese del dolce, forse dedicato a Berta la cui statua veniva portata in processione il 14 agosto già nel Cinquecento a Cremona e che vestiva la divisa della corporazione dei fornai.
Come spesso succede in Italia ogni campanile ha le sue ragioni, e tra uva fragola o cipolline, uova e burro si o no, mi attengo alla ricetta del libro che è fatta con una base tipo focaccia, senza grassi.
Tengo sempre a disposizione in casa il lievito di birra liofilizzato a lenta lievitazione perchè quello fresco scade in fretta e non sempre ne ho in frigorifero.

-ricetta-
600 g uva americana/fragola
350 g farina 00
150 g farina di mais fioretto
45 g zucchero
25 g lievito di birra fresco o una bustina di liofilizzato
sale

Impasto col robot, lo sapete, ma si può fare il tutto anche in una ciotola.
Metto le farine setacciate con zucchero e lievito nel contenitore poi lo avvio e aggiungo pian piano circa 300 ml acqua tiepida, metto un pizzico di sale e impasto sino ad ottenere una massa piuttosto morbida che trasferisco sulla spianatoia e continuo a maneggiare per qualche minuto.
Ottenuta una consistenza uniforme e non troppo dura la trasferisco in una boule, la copro con un telo e la faccio raddoppiare di volume, ci vuole come minimo un'ora, anche se fa caldo.
Intanto lavo e asciugo l'uva e la sgrano.
Riprendo la pasta e ci incorporo l'uva, stendendola nuovamente a lievitare, coperta, per altri 45' direttamente nello stampo unto d'olio.
Scaldo il forno a 180°, spolvero la superficie con un po' di zucchero grezzo e inforno per circa 50', o sino a quando la torta avrà preso un colore marroncino.
Una volta tiepida la sformo e quando è fredda la spolverizzo di zucchero a velo.


-nota a margine-
Credo comunque che mi ciminterò anche con la ricetta che contempla uova e burro perchè questa è troppo rustica, un umile pane all'uva per niente dolce (45 g di zucchero su 500 di farine totali mi sembrano effettivamente pochini...vanno almeno raddoppiati) e per renderla gradita a tutti priverò gli acini dei vinaccioli.

martedì 21 agosto 2012

Friggitelli spadellati, sugo per pasta o riso, o contorno?


I friggitelli, chiamati in dialetto napoletano 'puparuoli friarielli', sono peperoncini dolci e verdi, uno dei moltissimi frutti che ci regala l'estate, dal tipico sapore erbaceo.
A volte li cucino interi e fritti come contorno, oggi mi andava di farli brasare nella wok per poi condirci una pasta o del riso in bianco per un primo piatto ricco di sapori mediterranei.
Piatto che cucino appositamente per la sciùra Giulia, ho la fortuna di avere ospite la mia ottuagenaria 'mammetta' o 'mami' come la chiamo io, cosa rara che si avventuri sulle sponde dell'Adda, è milanese fino al midollo nonostante la metropoli non le abbia dato i natali e nonostante le piaccia ancora molto viaggiare, ammette che fa una certa fatica a sentirsi ospite in casa del genero... (che stupido pensiero, mami!) anyway, oggi sarà nostra ospite e lei adora i peperoni, che digerisce perfettamente (!).
Ho scelto di non salarli, sempre attenta al sale in eccesso, mettendo un paio di alici sott'olio a stemperarsi nel soffritto di cipolla, aggiungendo qualche oliva a filetti e qualche cappero ben sciacquato dal sale di conserva.
I pomodori datterini che ho aggiunto li ho fatti appassire per un paio di settimane in un luogo aerato, procedimento che ha contribuito a concentrare il loro sapore.
Penso di usare il tutto come condimento per una pasta di formato corto, farfalle per esempio, oppure pennotte o cellentani, e completare il tutto con dadini di scamorza bianca, per un insieme che non dev'essere per forza consumato caldo ma è ottimo anche tiepido.
Beh, cotti così sono anche un perfetto contorno.

-ricetta-
500 g friggitelli puliti
150 g datterini
1 cipolla media
100 g scamorza bianca
2 alici sott'olio
1 cucchiaino di capperi sotto sale
qualche oliva nera a filetti
olio evo


Lavo i peperoncini ed elimino il torsolo, li taglio a metà per il lungo.
Pulisco e affetto sottile la cipolla, taglio a metà i pomodorini.
Metto a bagno i capperi per toglierli il sale, snocciolo le olive ricavandone dei filetti.
Scaldo un velo d'olio nella wok, ci soffriggo la cipolla coi filetti di alici sgocciolati e li faccio disfare, poi metto i peperoni e lascio che appassiscano a fiamma alta, poi è il momento di aggiungere i pomodorini, le olive e i capperi.
Continuo la cottura sino a che i peperoni sono leggermente arrostiti e morbidi.
Con questa padellata di verdure profumate condisco la pasta scolata al dente o il riso bollito e completo con dadini di scamorza e una macinata di pepe (per me).

lunedì 20 agosto 2012

Salsa "i magnifici 7"



Mi piace essere creativa, mescolare i sapori soprattutto quando si tratta di salse.
Dovendo servire un fiocchetto di prosciutto leggermente affumicato, acquistato in una macelleria di Chiusa durante il nostro ultimo viaggetto, piuttosto che accompagnarlo col solito rafano o senape mi sono inventata questo mix di ingredienti che è molto piaciuto.
Ero partita con l'idea di fare una salsa verde senza aglio, poi ho pensato di aggiungere i pomodori secchi che conservo sott'olio e poi anche alcune olive di Kalamata.
Ne è uscita una salsina multicolore, un mix di sapori stuzzicante e invitante, buonissima anche da sola spalmata su fettine di pane caldo.
Preparatela con una mezza giornata di anticipo, i sapori si amalgameranno meglio.
Per contenere l'uso dell'olio l'ho stemperata con un cucchiaio di maionese.

-ricetta-
un mazzo di prezzemolo
4 pomodori secchi sgocciolati dall'olio di conservazione
una manciata di capperi sotto sale
8 olive di Kalamata
4 acciughe sott'olio
la mollica di un panino bagnata con aceto di mele
2 tuorli sodi
1 cucchiaio di maionese
olio evo

Mi preparo il tagliere e un trinciante da cucina, lavo e asciugo le foglie del prezzemolo.
Dissalo bene i capperi, snocciolo le olive, faccio rassodare le uova per 6' e conservo solo i tuorli, strizzo la mollica di pane imbevuta nell'aceto, sgocciolo le acciughe.
Uno alla volta trito a coltello tutti gli ingredienti allineandoli via via sul tagliere.
Prendo una boule, mescolo tutti i tritati con il cucchiaio di maionese e aggiungo l'olio a filo sino a che non ho ottenuto una salsina cremosa.
La trasferisco in una ciotolina e la copro con pellicola mettendola poi in frigorifero.
Affetto il fiocchetto, scaldo alcune fettine di pane o servo con crackers.



domenica 19 agosto 2012

Agnello al forno

So che non incontrerò il favore di molti, c'è stato tempo fa chi ha commentato acidamente e anonimamente che non si deve fare uso di carne, proprio qui nel mio blog manco si chiamasse 'Viva la ciccia', basta leggerlo per accorgersi che non abuso di carne, la mia predilezione va a piatti vegetariani, e comunque mio padre mi ha insegnato a mangiare di tutto.
La carne di agnello è ottima, digeribile, nutriente. Deve piacere il suo gusto dolciastro e un po' selvatico, e cotta al forno diventa tenera e succulenta.
Abbiamo organizzato una cena per pochi amici e sapevo che uno di loro avrebbe portato una bottiglia di vino rosso.
Conoscendo Manlio ho immaginato che si sarebbe presentato con un carico da 90, e infatti non ha deluso le aspettative col Barolo Sperss di Angelo Gaja annata 1995, una vera bomba, di una bontà e finezza indescrivibili, perfettamente conservato.
Ve l'ho detto che sono un po' 'streghetta'... mi sono regolata sulle mie sensazioni e presumendo che ci sarebbe stato un grande 'rosso' mi occorreva una carne adatta, cosa meglio di un arrosto di agnello?
Ho scelto carni di agnello bergamasche, lungo la riva del fiume spesso arrivano pastori col loro gregge che risuona di campanacci e latrati di cani, oltre che il ripetersi del belato dei placidi animali, per cui in zona se ne possono acquistare di ottima qualità.
L'agnello è il piccolo di pecora che non oltrepassa l'anno di vita, oltre si parla di montone e il gusto della carne si rinforza ma mi piace comunque e ricordo con piacere alcuni piatti cucinati con montone in Grecia, Tunisia e Marocco.
La carne dell'agnello è più delicata di quella di montone ed è annoverata tra le carni bianche, consigliata nello svezzamento dei bambini perchè meno allergizzante e molto digeribile.
Per sei persone ho preferito un misto tra costolette e tranci di coscia e di spalla, solo pochi aromi nella teglia, scalogni, aglio vestito e rosmarino. Un filo d'olio e poco sale rosso a fine cottura.

-ricetta-
1.5 kg di agnello misto
rosmarino
aglio, scalogni
olio evo, sale rosso
pepe

Rivesto una teglia di cartaforno e ci adagio i pezzi di agnello che condisco con un filo d'olio, le spezie e gli aromi.

Lascio riposare così condito per un'ora al fresco, poi accendo il forno e lo porto a 180°.
Inforno la teglia e faccio scottare la carne 15' per lato poi abbasso la temperatura a 160° e continuo la cottura per altri 30'.
Per ultimo alzo ancora la temperatura per altri 10' per farlo scurire.
Spengo, lo spolvero con un po' di sale e lo lascio riposare 10' poi lo trasferisco in un piatto caldo e lo porto in tavola.
L'ho accompagnato con peperoni alla fiamma.
E naturalmente un bel calice di quel nettare meraviglioso che ci ha lasciato a bocca aperta.
Thanks M.!




sabato 18 agosto 2012

Minestra di farro e borlotti



Buondì a tutti!
Con la nostra attività eno-gastronomica è normale avere un sacco di amicizie e conoscenze, è piuttosto curioso però il ripetersi di quei quattro o cinque nomi di battesimo sempre uguali che costringono mio marito e me all'uso di aggettivi o soprannomi per diversificarli.
Ci sono tanti Alberto, Daniele, Gianluca, Massimo, Roberto, Stefano (in rigoroso ordine alfabetico così nessuno si offende) e tante Anna, Ester e Paola.
Oggi mi ricollego a Paola-Pilota, le piace librarsi nel cielo ai comandi di aerei da turismo, è abilitata anche al trasporto passeggeri e non ha affatto la testa fra le nuvole. Ma potrei definirla anche 'motard' tanto le piacciono le moto su cui ama viaggiare. E' un vulcano di donna, abbastanza all'opposto mio. Forse è per questo che siamo amiche.
A dire la verità nella mia rubrica telefonica l'ho abbreviata con l'anno di nascita, ma siamo tra signore e non è carino svelarne l'età.
Le piace girare per mercatini e in occasione della sua ultima visita mi ha regalato dei volumi di cucina editi dalle Edizioni S.Paolo, tra i quali ce n'è uno molto interessante sulla 'cucina povera di abbazie e monasteri'.
E' in questo volumetto che ho scovato la ricetta odierna a base di questo antichissimo cereale.
E' la stagione dei fagioli freschi e conviene approfittarne. Quanti ne ho sgranati da bambina quando ero in vacanza dalla nonna, ne coltivava di tutti i tipi e spettava a noi bambini privarli delle bucce. Era come un gioco cui ci prestavamo volentieri facendo a gara a chi ne sbucciava di più.
Qualche pomodoro maturo al posto della salsa suggerita e il brodo di cottura dei fagioli, già che c'è.
In più aggiungo la cotennina che ho recuperato dal pezzo di spalla cucinato giorni fa e un pizzico di peperoncino.
Dosi per 4 persone

-ricetta-
1 kg di borlotti da sgranare (o 300 g secchi)
240 g farro perlato
1 cipolla
1 pezzetto di cotenna (facoltativo)
3/4 pomodorini maturi
3 cucchiai di olio evo
sale, pepe, peperoncino
alloro


Sgrano i fagioli e li metto a cuocere in una pentola con abbondante acqua e una foglia di alloro.
Sono freschi quindi ci vuole meno tempo che con quelli secchi. Se usate questi ultimi metteteli a bagno la sera prima, eliminate l'acqua dell'ammollo, sciacquateli bene e procedete.
Quando sono teneri li scolo tenendo il brodo di cottura ed eliminando l'alloro.
In una pentola metto a soffriggere la cipolla tritata con l'olio e la cotenna ridotta a dadini, quando sono trasparenti aggiungo i pomodori a dadini e dopo 5' butto il farro, i fagioli e tutto il brodo.
Lascio cuocere per 40' circa, regolo di sale, metto una punta di coltello di sambal oelek (peperoncino) e spengo.
Lascio riposare una decina di minuti o più, eventualmente la riscaldo, tenete presente che se la si lascia riposare qualche ora si addenserà molto, e porto in tavola condendo con un filo di ottimo olio. Userò quello siciliano dell'amico Gianluca, neo papà!
E ovviamente pepe macinato fresco per chi ne vuole.
In estate è buonissima anche quasi fredda.


venerdì 17 agosto 2012

Gelato di fiordilatte alla cannella


Adoro la cannella! quando preparo lo strudel abbondo sempre, così come spolvero generosamente una ciotola di mele cotte. O ne metto un pizzico nel mix per il vin brulé.
Con le sue stecche faccio anche un liquore, scoprii la ricetta molti anni orsono e tutt'ora lo preparo in tarda primavera, quando il custode del palazzo di Milano, al rientro dalle sue ferie a Colombo, ce ne riporta profumatissime stecche, in modo da averne sempre a disposizione come digestivo da offrire ai miei ospiti.
Il suo spiccato aroma la caratterizza da ogni altra spezia, la uso abitualmente nei ragù dove aggiungo un piccolo pezzo di corteccia in cottura, facilmente eliminabile una volta pronto, che gli da quel quid in più.
Nel gelato è speciale. Profuma e caratterizza un banale fiordilatte, basta aggiungere un cucchiaino da te di polvere al composto per avere un mantecato differente.
I gelati che confezioniamo in casa sono diversi da quelli commerciali perchè non utilizziamo stabilizzanti nè zuccheri modificati come destrosio o miscele particolari, però questa loro peculiarità me li fa preferire a molti cosidetti artigianali, sono più naïf e so di aver usato le migliori uova fresche, il miglior latte e la panna più fresca a disposizione, certo, gelerà in modo diverso, farà dei cristalli perchè non contiene gelificanti o stabilizzanti, ma non lascerà mai quel desiderio pressante di sete o di troppo dolce o di grasso.
E' un gelato nature, fatto solo con ingredienti naturali, la cui vaschetta da 700 g finisce in un lampo!

-ricetta-
300 ml latte
200 ml panna fresca
100 ml sciroppo di zucchero di canna
50 g zucchero
1 uovo (freschissimo)
1 cucchiaino da te di cannella in polvere

Monto con le fruste l'uovo con lo zucchero semolato, poi stempero col latte caldo e mescolo, sempre con le fruste, per non far fare grumi, lascio raffreddare poi aggiungo lo sciroppo di zucchero, la panna fredda e la cannella. Faccio ulteriormente freddare tutto il composto in frigorifero poi lo verso nella gelatiera e avvio lasciando mantecare per circa 40'.
Trasferisco il tutto in un contenitore ermetico e ripongo nel freezer.


giovedì 16 agosto 2012

Risotto con mazzancolle e zucchine profumato al lime


Ho riscosso grande successo con questo risotto, non so bene perchè o forse si lo so, agli amici cui l'ho servito piace tantissimo il riso, comunque sia arrangiato e so che sono sinceri e non si sperticano invano in complimenti, cui non mi abituerò mai. Mi sembrano sempre eccessivi...
Tempo fa ne avevo fatto uno simile condendolo con un pesto a base di zucchine, mentre stavolta le zucchine le ho grattugiate e poi ho aggiunto in cottura le mazzancolle tritate col robot.
Per il peso delle mazzancolle, o di grosse code di gambero, regolatevi calcolandone 2 a testa, più o meno.
Prima di servirlo ho grattugiato un po' di buccia di lime che gli ha dato un gusto leggermente esotico (li vendono lucidati a cera, lavateli bene con acqua tiepida e un pizzico di bicarbonato).
E, come sempre, il vero atout è la qualità del riso, cosa importantissima quando si tratta di risotti.
I chicchi devono cuocere ma mantenere un'anima consistente, particolare da non sottovalutare quando si prepara un risotto per 8 o più persone e si deve farlo bene, anche scondito deve avere un buon sapore.
Il solito brodo vegetale preparato apposta un'oretta prima, una mantecatura leggera e neutra con robiola fresca e niente altro.
Dosi per 8

-ricetta-
700 g riso Vialone nano
500 g zucchine
350 g mazzancolle
2 cipollotti grandi
50 g robiola
olio evo, sale
brodo vegetale, circa 2 l
100 ml vino bianco
lime

Mi sono preparata per tempo il brodo vegetale nel solito modo, cipolla, sedano e carota a bollire in acqua leggermente salata per circa 30', se non lo volete fare ci sono ottimi granulati privi di glutammato in commercio.
Pulisco le code di mazzancolle privandole del guscio e del budellino quindi le trito con un piccolo mixer per sminuzzarle.
Grattugio con la mandolina le zucchine usando le lame a fori grossi.
Trito i cipollotti e li metto a soffriggere in olio evo nella pentola da risotto, quando stanno per prendere colore metto le zucchine, le faccio rosolare in modo che emettano la loro acqua che faccio evaporare mescolando spesso salandole appena, poi butto il riso, lo rosolo ben bene, lo sfumo con il vino e quand'è evaporato inizio ad aggiungere il brodo e unisco anche il trito di mazzancolle.
Aggiungo brodo bollente man mano che viene assorbito e quando il riso è al dente spengo e metto la robiola, regolo di sale se occorre ma il gusto rimane leggermente dolciastro per via dei crostacei.
Lascio a riposo 3' coperto, porziono nei piatti e grattugio un po' di buccia di lime prima di servire.

Ho scelto di fare questo risotto anche perchè l'amico Guido, che l'ha condiviso con noi, voleva stappare un ottimo Chardonnay di Borgogna, il Quintaine 2003 di Jean Thévenet, Appellation Viré Clessé.
Guarda caso gli unici chardonnay che mi piacciono sono i borgognoni e questo, pur non essendo un Grand Cru, è un'esplosione di florealità al naso e ha un perfetto equilibrio tra morbidezza e mineralità, con una lunghissima persistenza in bocca. In più fanno un uso più che sapiente del legno e ha una longevità apprezzabile. Un vrai règal!







mercoledì 15 agosto 2012

Sorbetto di fragole e lamponi


Ho scoperto di recente che per fare un sorbetto non occorre necessariamente la gelatiera, per altro la mia funziona egregiamente, ma è sufficiente frullare la frutta con zucchero e succo di limone e poi farla ghiacciare in un contenitore messo nel freezer.
Al momento del consumo basta toglierlo dal congelatore con un po' di anticipo oppure passarlo velocemente al microonde per ottenere una cremosa crema fredda di frutta.
Il sorbetto ha origini antichissime, c'è chi lo fa risalire al VII secolo a. C. in Cina, da dove poi si mosse verso il Medio Oriente dove era abitudine consumare neve ghiacciata profumata alla frutta, metodo poi esportato in Sicilia e Spagna tramite i reduci dalle Crociate e con i pellegrini.
Furono però, come al solito, i Medici a introdurlo nei banchetti, sebbene ci fosse la credenza che cibarsi di alimenti molto freddi potesse nuocere alla salute.
Da Napoli a Venezia si diffuse ampiamente e tuttora è un dessert leggero e dissetante, molto gradito a fine pasto.
Fin dal Medioevo sui monti Peloritani venivano scavate buche, poi rifinite in pietra o mattoncini, che erano usate dal nevarolu, un uomo che per professione si occupava di conservare la neve tutto l'anno, neve che i nobili messinesi acquistavano durante la stagione calda per farne granite al limone.
Lo stesso avveniva sulle pendici dell'Etna.
Il sorbetto non è da confondere con la granita o grattachecca che ha grana più grossolana ed è una miscela di acqua, zucchero e sciroppo di frutti, il sorbetto è una crema gelata a base di polpa di frutta.
Si può preparare con tutta la frutta che ci viene in mente e che più ci piace.
Ci sono ancora le fragole, una varietà piccola e succosa coltivata nei masi trentini, ma soprattutto è stagione di lamponi che adoro per la loro punta acidula.
Quindi ecco un rosso sorbetto per alleviare queste giornate infuocate.
Io sono solita mescolare allo zucchero e al succo di limone anche dello sciroppo di zucchero di canna o, con certa frutta, dello sciroppo di Grenadine e a volte poco albume parzialmente montato che aiuta a renderlo più cremoso. Oppure, a seconda della frutta, aggiungo anche un paio di cucchiai di liquore, Cherry Brandy con le ciliegie, Apricot con le albicocche.
Normalmente la dose dello zucchero varia tra i 125 e i 150 g per 400 g frutta, poi ci si regola secondo il proprio gusto, e comunque la diminuisco se aggiungo lo sciroppo di zucchero, oppure uso solo quello, ad esempio con le banane che sono molto dolci di loro.

-ricetta-
250 g fragole
250 g lamponi
130 g zucchero
50 ml di sciroppo zucchero di canna
1 limone

Pulisco e lavo bene la frutta quindi la metto nel mixer col succo del limone, lo sciroppo liquido di zucchero e lo zucchero. Frullo sino ad ottenere un passato che trasferisco in una ciotola che chiudo ermeticamente e ripongo nel freezer.
Poco prima di servire lo tolgo dal congelatore o lo passo brevemente al microonde, quindi lo servo.

martedì 14 agosto 2012

Gröstl, ovvero 'padella tirolese di carne, patate e cipolle'

Ho patate vecchie da consumare, ora che iniziano ad arrivare sui banchi del mercato quelle novelle è il momento di dare il cambio.
Spesso siamo in Alto Adige per acquisti enologici e non perdiamo occasione di sostare nei numerosi ristoranti di alto livello che ci sono nella regione. Sparpagliati per le numerose valli si trovano moltissimi chef di fama, vanto della cucina italiana, regionale e sud-tirolese.
Accanto a portate di alta cucina si trovano sempre anche i piatti tipici locali, magari rivisitati ma con gli ingredienti classici.
Persino nei ristoranti annessi ai numerosi birrifici si mangia benissimo e questa padellata è uno dei piatti ricorrenti che io apprezzo di più.
Gröstl deriva dal tedesco rösten=abbrustolire e in effetti la padellata deve presentarsi con una bella crosticina  croccante.
Quando è in nota mi cibo solo di questa, in effetti è molto sostanziosa, trattenendomi dall'ordinare un piatto di canederli o di spätzle, so per esperienza che arriverei alla fine del pasto gonfia come un otre.
La ricetta l'ho estrapolata dai siti di cucina tirolese e rielaborata secondo il mio gusto e i miei ricordi.
Oggi la cucino usando come carne una fettona di spalla di maiale, ma si può fare anche con carne di manzo. La spalla di maiale è quanto di più economico si trovi al momento sui banchi di macelleria, se adeguatamente sgrassata è un'ottima carne, molto saporita.
Accoppiare carne e cipolle e/o patate è un'abitudine montanara che si ritrova in tutto l'arco alpino, di qua e di là delle frontiere, per esempio in Valle d'Aosta fanno la carbonade, spezzatino di manzo stracotto con cipolle e vino rosso (birra scura per la versione fiamminga), ma in tutta l'Austria sino alla Baviera, sulle Dolomiti e in Trentino il procedimento è pressapoco lo stesso.
La pancetta cotta non è come quella affumicata, la si trova da molti salumieri montanari, ma se non l'avete usate lo speck.
Io metto il cumino perchè nei piatti tirolesi non manca quasi mai, mi piacerebbe poterci accompagnare anche del pane coi suoi semi, ma è chiedere troppo al paesello.
Avevo la pancetta perchè acquistata durante il nostro ultimo viaggio e ancora perfettamente conservata sottovuoto, ma il pane no, finita tutta la scorta, è troppo buono anche coi formaggi.
Può sembrare un piatto poco estivo, in effetti... però qui sul fiume la sera c'è una piacevole e fresca brezza che rinfresca e invita a cenare con piatti 'normali'.
Dosi per 6

-ricetta-
circa 1 kg di spalla di maiale
1 kg di patate
2 cipolle
50 g pancetta cotta o speck
semi di cumino
strutto
olio di semi di arachide
brodo 100 ml
alloro, sale e pepe
prezzemolo e erba cipollina

Lavo molto bene le patate e le lesso con la buccia per 30' dal bollore, poi le scolo, le sbuccio e le taglio a rondelle. Le faccio saltare in olio di arachidi sino a che diventano croccanti, le scolo e le condisco con sale e pepe.
Tolgo la cotenna, il grasso e l'osso alla spalla, la prima la metto da parte nel congelatore, mi tornerà utile per una pasta e fagioli. Con l'osso, una carotina, un pezzo di cipolla e un gambetto di sedano preparo velocemente il brodo che mi servirà per la cottura del gröstl.
Prendo una padella larga e in un cucchiaio di strutto faccio soffriggere cipolle e pancetta tritate, metto un pizzicone di semi di cumino e poi la carne tagliata a fettine sottili. Quando è ben rosolata aggiungo le patate saltate, una foglia di alloro e poco brodo. Lo lascio lentamente evaporare per almeno 20', completo con una spolverata di prezzemolo e qualche stelo di erba cipollina tritati e poi schiaccio tutto con una paletta per dargli la forma di un tortino, alzo leggermente la fiamma e scuoto la padella di tanto in tanto, anche se è antiaderente, aggiungo poco brodo filtrato se occorre e quando si è fatta una bella crosticina lo giro dall'altro lato e ripeto l'operazione.
Elimino l'alloro, aggiusto di sale ma attenzione che la pancetta è piuttosto salata, quindi magari non occorre, e macino un po' di pepe.

Abbinamento con un vino prodotto in Alto Adige, of course, un Lagrein Riserva Urban della cantina di Termeno, annata 2003, elegante e potente con profumi di confettura e una leggera nota affumicata, assolutamente perfetto nonostante i 9 anni di invecchiamento.

lunedì 13 agosto 2012

Pennette con salsiccia e zucchine


Non appena i medici hanno consigliato al consorte di avere una qualche attenzione nella dieta, come per incanto gli è aumentato l'appetito, già abbondante di suo prima.
Per questo motivo mi ritrovo a cucinargli piatti il più possibile completi o unici, in modo che non ci appiccichi la classica fettina di affettato o di formaggio e relativo pane.
Oggi, che sta per partire per Milano, voilà una pasta con verdure e proteine che dovrebbe calmargli l'appetito sino a sera, quando promette che si ciberà solo di frutta. Mi fido? devo, io non lo seguo di certo... preferisco starmene qui sulla riva del mio fiume, dove fa più fresco e posso bearmi del panorama dalla terrazza.
Per mantecare nonchè salare il piatto ho utilizzato un cucchiaino di ricotta forte pugliese, una crema piccantina e salata a base di ricotta fermentata e rimaneggiata che vendono in barattoli, recentissimo omaggio di un paziente.
Le dosi sono per 2

-ricetta-
130 g pennette lunghe rigate
1 salsiccia mantovana
1 zucchina
1 cipolla piccola
2 pomodori perini
peperoncino in pasta
ricotta forte
olio evo

Taglio la zucchina a rondelle, pulisco la cipollina e la affetto sottile.
Spello la salsiccia e la schiaccio con una forchetta.
In una padella piuttosto capace scaldo un velo d'olio e ci metto a sudare la cipolla, poi aggiungo le zucchine e le lascio appassire un pochino prima di mettere la salsiccia e farla rosolare pian piano, poi è il momento di aggiungere i pomodori tagliati a dadini e il peperoncino.
Aspetto che il sughetto si amalgami poi spengo.
Lesso la pasta molto al dente, la scolo lasciandola un po' umida e la verso nella padella, la rigiro scuotendo e completo con la ricotta, mescolo e spengo.
Non aggiungo spezie, (tranne il solito pepe nero per me) perchè la salsiccia mantovana è già speziata di suo.

domenica 12 agosto 2012

Meringata nel bicchiere


In onore di Anna, una signora dai capelli candidi mia compagna di ventura nelle trasferte in giro per lo stivale a caccia di spettacoli di balletto, mi metto d'impegno a ricostruire questo stra-goloso dessert al cucchiaio che ha consumato nello storico locale veronese Antica Bottega del Vino dove abbiamo cenato prima di assistere in Arena allo spettacolo di Roberto Bolle & friends, accolto da una folla di 10.000 spettatori entusiasti delle performances sue e delle grandi étoiles internazionali che hanno collaborato con lui, per la gioia dei nostri occhi.
Erano ben 19 anni che l'Arena non ospitava spettacoli di danza, un vero avvenimento quindi, accolto con il dovuto entusiasmo anche perchè catalizzato da una delle più grandi eccellenze della danza italiana nel mondo.
Evento vissuto da me con brivido sino a 5' dall'inizio dello spettacolo perchè, avendo prenotato a marzo, non so dire come ma è successo che ho smarrito l'ambìto biglietto. Cosa di cui mi sono accorta a due giorni dallo spettacolo e che solo grazie alla collaborazione di una signora competente e diligente sono riuscita a rimediare esibendo tutto l'esibibile per dimostrare che 'quel' certo posto poteva essere solo mio.
Ma perchè mi dilungo tanto in ciarle? io che poi non è che sia così tanto chiacchierona di natura!
Ritorno pertanto alle considerazioni su questa via di mezzo tra torta meringata e tiramisù, nella più classica tradizione veneta, che non mi è sembrata particolarmente difficile da replicare.
Ho scelto le pesche saturnine o tabacchiera perchè sono morbide, dolci e a polpa bianca (le mie preferite). Esse vengono coltivate principalmente in Sicilia, nel catanese, tanto che quelle dell'Etna sono un presidio Slow Food.
Una madeleine imbevuta di liquore sul fondo, pesche saturnine passate in padella, uno strato di crema tiramisù al mascarpone, granella di nocciole e, per finire, meringhe spezzettate.
Peccato Anna che tu sia in vacanza... ammetto che non è scenografico come quello che ti hanno servito, ma è anche di proporzioni più ridotte.
Dosi per 6

-ricetta-
7/8 pesche tabacchiera
6 madeleines
250 g mascarpone
3 uova freschissime
60 g zucchero
estratto di vaniglia
20 g burro
20 g zucchero grezzo
1/2 lime spremuto
100 g meringhette
40 g granella di nocciole
liquore di pesca

Tuffo le pesche per pochi secondi in acqua bollente così posso spellarle senza fatica.


Le taglio a spicchietti quindi le faccio rosolare in una padella dove ho fatto sciogliere burro e zucchero grezzo. Dopo una decina di minuti irroro col succo di lime e spengo e faccio raffreddare.
Separo i tuorli dagli albumi, monto i primi con lo zucchero finchè sono spumosi poi metto qualche goccia di estratto di vaniglia e un pizzichino di sale.
A questo composto aggiungo il mascarpone e lo amalgamo sino ad ottenere una crema soffice.
Monto gli albumi a neve e li incorporo delicatamente al resto.
Faccio tostare in un padellino la granella di nocciole.
Preparo i bicchieri che poi servirò mettendo una madeleine sul fondo, elimino la codina se non entra perfettamente, e le imbevo con il liquore mescolato a pochissima acqua, verso un cucchiaio di crema e poi metto 2 cucchiai di pesche, spolvero con un po' di granella di nocciole e completo con un altro strato di crema.
Decoro la superficie con le meringhe sbriciolate e con altra granella e metto in frigorifero per almeno mezza giornata.
A dire il vero ne sono usciti 7 bicchieri, uno dei quali è stato oggetto di test da parte del Doc, sempre pronto a fare da cavia.

sabato 11 agosto 2012

Frittata in verde con riso



Ma porca miseria, ogni volta che metto piede in giardino per raccogliere un rametto di foglie di alloro o di menta perdo un sacco di tempo a estirpare erbacce e fittoni di robinie e infestanti.
E siccome non parto attrezzata per, quando le mani non ce la fanno più a trattenere il tutto realizzo quanto tempo è passato e guardo allarmata l'orologio, santi tutti! ero solo uscita per due foglie, dico due, di alloro!
Stavolta però in mezzo all'erba era tutto un proliferare di erbi o radicchi matti, un insieme di tarassaco, rucola selvatica e chissà quali altre specie di erbe matte che nonna Salute (ve l'avevo già raccontata la storia del nome di mia nonna) era solita raccogliere nei prati intorno a casa e poi cuoceva in padella, uhmmmm che buone! un mix tra dolce-amaro, le adoravo.
La persona che ci aiuta in giardino è in vacanza e quindi tra l'erbetta che comincia a essere troppo alta per i miei gusti (brutto segno, vuol dire che a breve dovrò deliziarmi col taglio erba) pullulava di erbe matte che mi sono affrettata ad estirpare, le ho pulite con pazienza e quindi cotte in padella.
L'insieme è molto amaro, a me piacciono tanto ma la mia cistifellea non le tollera più troppo perciò le ho usate mescolandole a prezzemolo e a una tazza di riso in bianco avanzato, per farne una verdissima frittata.
Jo-rigattiere di nuovo al lavoro. Sarà un segno? o nella vita precedente o in quella futura mi sa tanto che incarno una robivecchi... la mia passione per il recupero in cucina è eccessiva.
Preparare una frittata era anche la soluzione ideale per consumare parte delle uova che si accumulano in frigorifero, in questo periodo faccio molti gelati, per ogni gusto ne utilizzo al massimo uno che dev'essere freschissimo, il che mi costringe a dover recuperare le altre, non avendo una gallina che me lo sforna quotidianamente...
Il riso era avanzato, ma se non lo avete o non volete cuocerlo apposta potete anche ometterlo.
Data la grande quantità di formaggio non aggiungo altro sale oltre al pizzico che ho messo per stufare la verdura.

-ricetta-
6 uova
100 g parmig/padano grattugiato
2 cucchiai di farina
50 ml latte
100 g erbe cotte
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
olio evo

Comincio dalle erbe matte (se non le avete usate erbette o spinaci) che pulisco bene e poi faccio appassire in una padella con un filo d'olio e un pizzico di sale. Le lascio intiepidire poi le strizzo e le trito finissime con un trinciante su un tagliere.
Separo i tuorli dagli albumi mettendoli in due ciotole differenti, mescolo i tuorli con il formaggio, la farina, il latte, il prezzemolo e le erbe. Quindi aggiungo il riso cotto. Mescolo per amalgamare il composto.
Monto gli albumi a neve e li aggiungo incorporandoli pian piano al composto di uova.
Scaldo la mia insostituibile padella doppia per frittate, la sporco di olio e ci verso il tutto, faccio fare una bella crosticina scuotendo ogni tanto la padella poi la giro e cuocio anche l'altro lato.
Dopo averla rovesciata su un grande piatto la taglio in quattro e la servo.
Ho abbinato una fettina di gorgonzola piccante.
Niente vino per questa volta, fa troppo caldo, preferisco tanta acqua fresca.

venerdì 10 agosto 2012

Tomini alla griglia con uova strapazzate al pomodoro



C'è sempre una spiegazione dietro alla composizione di una ricetta, almeno per me.
Dunque, parto dai pomodori, splendidi esemplari di cuore di bue appena raccolti dall'orto e maturi al punto giusto.
Reperiti in frigorifero alcuni tomini da cuocere e delle uova.
Mica difficile comporre il piatto odierno, una passata di pomodori freschi mescolata alle uova strapazzate e per completare un tomino arrostito sulla piastra.
Semplicissimo nonchè godibilissimo accostamento, che ci farà consumare un tot di pane, ahinoi!, non so voi, ma io con uova e pomodori mi abbuffo di pane e la cremosità del tomino dove la mettiamo? come lo raccolgo il boccone filante se non con un pezzo di pane?
Ho fatto un ristretto coi pomodori, anche se ben maturi e polposi sono comunque ricchi di acqua, perciò li ho tagliati a dadi e fatti restringere sino ad asciugarsi completamente su fuoco vivace, poi li ho aromatizzati con un rametto di origano fresco e qualche foglia di basilico, un pizzico di sale e una goccia di olio evo.
In questo ristretto ho fatto strapazzare le uova appena sbattute con un goccio di panna (orrore! nooo, è che non ho latte a disposizione per cui ho diluito due cucchiai di panna con due cucchiai di acqua) e un pizzico di sale.
Dosi per 4

-ricetta-
6 uova
3 pomodori cuore di bue, oppure 6/8 S. Marzano maturi
4 tomini da cuocere
basilico e origano freschi
2 cucchiai di panna
olio evo, sale, pepe


Trito i pomodori e li metto in una padella ad appassire in un filo d'olio evo sino a che tutta la loro acqua di vegetazione non sia evaporata. A questo punto aggiungo le foglie di origano e quelle del basilico spezzetate e correggo con un pizzico di sale.
Sguscio le uova in una ciotola e le sbatto con una forchetta, condendole con un pizzichino di fleur de sel e con la panna diluita con la stessa quantità di acqua.
Scaldo in una larga padella un cucchiaio d'olio e ci verso il ristretto di pomodoro, quand'è bello caldo aggiungo le uova e le mescolo per strapazzarle sino a che non si sono parzialmente coagulate rimanendo però morbide.
Intanto su una piastra arroventata metto a grigliare i tomini freddi di frigorifero, quando si sono ammorbiditi e rigati li tolgo, li accomodo nei singoli piatti dove ho servito cucchiaiate di uova strapazzate.
Una macinata di pepe, qualche fogliolina di origano fresco e... buon appetito!

Cosa ci si abbina? le uova dolciastre, il pomodoro acidulo, il formaggio cremoso e grasso... dunque, io starei comunque su un Prosecco superiore di Cartizze, le delicate bollicine del metodo Charmat sgrassano e la dolcezza compensa l'acidità del pomodoro, mitigata dall'uovo.
In più fa caldo e le bollicine danno sempre una maggiore idea di leggerezza e la bottiglia finisce tanto presto che non fa in tempo a scaldarsi.
Noi beviamo quello di Col Vetoraz, un prodotto equilibrato, fine, ricco di profumi e che non ci delude mai, ormai da anni!

giovedì 9 agosto 2012

Risotto con filetti di cernia



Oggi farò una variante del risotto col pesce persico, tipica specialità lariana.
Circa 30 anni fa, mamma mia! sono trascorsi quasi tre decenni da che mettemmo piede per la prima volta al paesello sul fiume, mio marito amava pescare con un amico nelle acque dell'Adda.
Si pescava molto, dalle alborelle ai lucci e, con la tirlindana, anche molti persici.
Ora non c'è quasi più pesce nel fiume, rimangono pochissimi cavedani e qualche siluro.
Finito il tempo dei pesciolini fritti, prima bastava buttare la canna fissa e non appena il galleggiante si raddrizzava l'alborella aveva già abboccato. Ero bravissima persino io in questa tecnica di pesca e in poco più di un'ora se ne faceva un secchiello, adesso se se ne trovano arrivano dall'Albania o dai paesi dell'Est, congelate. Che poi anche se si pescassero qui sarebbe obbligatorio congelarle per debellare l'anisakis, qualora ne siano infettate.
Quindi per fare questo classico risotto del lago dovevo organizzarmi, rinunciando agli introvabili filetti di persico e cambiando pesce.
Al banco del fresco ho trovato della cernia preparata in piccoli filetti simili per misura a quelli del persico e mi sono fatta tentare.
Ho deciso che li infarino leggermente e li faccio dorare per poi adagiarli su un semplice risotto bianco cotto con un profumato soffritto di porro, che rimane più delicato della cipolla.
Direi un ottimo connubio col quale ci berremo insieme una grande bottiglia, uno Champagne della Côte de Blancs nella valle della Marna, il Blanc de Blancs Premier Cru di Larmandier Bernier, con finissimo perlage, lungo e persistente anche in bocca, in perfetto abbinamento col piatto.


Visto Dani?? mi sono ricordata di scattare la foto all'etichetta!
Dosi per 6

-ricetta-
500 g riso Rosa Marchetti
300 g filettini di cernia
1 porro
30 g burro
olio evo, sale
2 cucchiai di panna
50 g robiola fresca
100 ml vino bianco

Pulisco il porro e lo affetto sottile poi lo metto in pentola col burro e con 3 cucchiai di olio e lo faccio appassire piano, salando leggermente.
Alzo la fiamma e verso il riso, lo faccio tostare, lo sfumo col vino e poi inizio ad aggiungere acqua bollente, mescolo ogni tanto e quando è al dente spengo, aggiusto di sale e lo manteco con la panna e la robiola.
Copro e lo lascio riposare 3'.
5 minuti prima che il riso sia cotto mi preparo il pesce infarinato e lo faccio dorare in una grande padella in un filo d'olio, girando delicatamente i filetti con una spatola. Li salo a fine cottura.
Porziono il riso nei piatti e sopra ci appoggio un paio di filettini dorati.

la foto è sfocata... avevo tolto il macro, sorry!

mercoledì 8 agosto 2012

Sugo d'arrosto avanzato?


Mi raccomando non gettatelo. E' utilissimo, oltrechè buonissimo, usatelo per cuocervi delle verdure, acquisteranno un sapore unico!
Dalla cottura del filetto di vitello al forno ne avevo avanzato una tazza, l'ho trasferita in un vasetto che ho messo nel congelatore in attesa di un recupero 'intelligente'.
Chissà come i miei recuperi sono sempre intrisi di materia grigia, ehhehhehh, sono intelligentissimi! hanno un Q.I. da paura... (parlo dei recuperi mica di me)
Scherzo ovviamente, però se pensiamo che il sugo d'arrosto è la somma dei succhi estratti dalla carne, di un po' di condimento e, in questo caso specifico, anche dell'aroma delle verdure in cottura, è comprensibile che stufandovi altre verdure, queste acquisiscano un sapore extra.
Se il sugo fosse rimasto attaccato alla pentola o alla teglia deglassatelo aiutandovi con un goccio d'acqua o di vino bianco, mescolate e staccate i residui fluidificandoli.
E' così che mi sono ritrovata con questo saporito contorno di patate e zucchine, che ho cotto in due tempi.
Prima le zucchine poi, nel fondo ulteriormente aromatizzato, è stata la volta delle patate a fettine.
Ottimo accompagnamento per carni, salumi o, come per me oggi, una morbida crescenza protagonista di un pranzetto vegetariano, i giorni di agosto rotolano veloci senza che il susseguirsi dei bollenti anticicloni accenni a diminuire.
Per carità non voglio e non devo lamentarmi (dato che dentro casa mia la temperatura non è mai salita sopra i 26°, senza climatizzatore), dopotutto abbiamo avuto molte più giornate serene e limpide al posto delle solite estati con cieli bianchi e afa insopportabile, ma tutta questa calura africana a lungo andare sfinisce e la promessa di temporali rinfrescanti è rimasta un miraggio nelle ultime sere, tuoni e fulmini in lontananza ma nemmeno una goccia.

-ricetta-
200 ml di sugo di arrosto
2 zucchine
4/5 patate novelle piccole
salamoia bolognese
olio evo

Affetto le zucchine a rondelle, pelo le patate e le taglio a fettine spesse un centimetro.
Verso il sugo d'arrosto in una padella assieme a due cucchiai di olio evo, quand'è caldo metto le zucchine, le faccio cuocere sino a che non formano una crosticina scura, poi le tolgo aiutandomi con una paletta forata e al loro posto inserisco le patate e le faccio cuocere sino a che sono ben croccanti, spolverandole con un pizzico di salamoia bolognese.
Traferisco il tutto in una ciotola e porto in tavola con il formaggio o la carne o un uovo al tegamino.

martedì 7 agosto 2012

Tagliatelle di farro con ragù di carne e zucchine fritte



La mia curiosità quando si tratta di acquistare prodotti nuovi o appena arrivati in commercio non ha limiti. Sembra quasi che sia dotata di un radar.
Ho scovato queste tagliatelle nell'abituale supermercato che frequento in zona, sempre attento alle novità e anche a prodotti di eccellenza.
Non poteva certo sfuggirmi il vassoio con queste brune tagliatelle, in più adoro il farro quando è utilizzato per fare la pasta, avrei anche potuto farmele da sola ma il caldo di questa estate bollente mi annienta le forze e allora, quando trovo qualcosa di valido già bell'e pronto, ne approfitto.
Dedico magari più tempo al condimento.
Giorni fa ho cotto il mio solito ragù di salsiccia per Giulio, figlio della mia amica Vet in Inghilterra per un soggiorno-studio, ben sapendo che sarebbe tornato affamato di pasta al ragù!
Nel contenitore che le ho dato non ci è entrata tutta la pentola perciò ho congelato la ciotola avanzata per una futura esigenza.
Queste tagliatelle meritano un ragù mi son detta, ma non da solo.
Basta davvero poco per modificare il solito sugo, ho usato zucchine ma avrebbero potuto essere melanzane.
Allora ho preso un paio di zucchine appena regalatemi da un conoscente che coltiva un orticello, piuttosto grandi ma dolcissime, le ho private della polpa interna riducendo a dadini solo la parte verde, le ho spolverate di farina e le ho fritte in olio evo.
Niente formaggio, coprirebbe il gusto dolce delle zucchine mascherandolo.
Dosi per 4.

-ricetta-
250 g tagliatelle di farro
250 g ragù
2 zucchine
olio evo
sale


Tolgo alle zucchine la parte verde lasciando uno spessore tale da farne dadini di 1x1 cm.
Le passo velocemente nella farina e poi le tuffo in una padella con molto olio evo ben caldo.
Le faccio friggere fino a che non assumono un colore dorato poi le scolo e le tengo in caldo.
Poco prima di utilizzarle le condisco con un pizzico di sale.
Cuocio le tagliatelle al dente e nel frattempo riscaldo, anche al microonde, il ragù quindi scolo la pasta e la condisco nella pentola calda con il sugo e le zucchine.
Preparo i piatti e servo subito.  

lunedì 6 agosto 2012

Prosciutto crudo di Parma e fichi



Questo è un piatto che consiglio per quando fa molto caldo e si ha poca voglia di cucinare.
Oddio, a me quella voglia non manca mai, però in questa estate con temperature ampiamente sopra i 30° da oltre un mese una portata a base di frutta, ricca di fibre e sali minerali, e proteine nobili non guasta.
E' un secondo leggero e fresco che si prepara in 10'.
Un contorno a vostro gusto, io starei su un insalata verde, e il pranzo è risolto.
Però potrebbe andare bene anche come antipasto.
Mi raccomando la stagionatura del prosciutto, deve essere perfetta e di almeno 18 mesi, meglio ancora se di 24, perchè come dice il nome il prosciutto deve 'sembrare aciutto', non un fetta di carne molliccia e cruda.
L'abbinamento? con questo caldo l'ideale sarebbe un bel bicchierone d'acqua, ma come si fa a resistere a un calice di fresca Malvasia dei Colli Piacentini? penso a quel tripudio che è il Boccadirosa di Luretta, vino bianco fermo ricavato da 100% uve Malvasia di Candia aromatica.
Vi consiglio di fare una visita a questa azienda, il sabato e la domenica ricevono su appuntamento, che si trova a Gazzola, una ventina di km a sud di Piacenza, all'interno del Castello di Momeliano, una costruzione in sassi risalente al XIV secolo, a pianta quadrata, sulle colline piacentine della val Luretta.
La signora Carla è un'ospite fantastica che vi accoglierà con entusiasmo e competenza e non lontano di lì potreste fare una sosta per il pranzo all'antica Locanda del Falco.

-ricetta-
prosciutto di Parma ben stagionato a fette piuttosto spesse
fichi bianchi

Se i fichi sono di quelli piccoli e a buccia tenera io non li spello, ma li lavo con delicatezza e li asciugo con carta da cucina.
Arrotolo intorno ad ogni fico una fettina di prosciutto tagliata piuttosto spessa e poi adagio i pacchettini su un piatto foderato di foglie di vite.
Verso il vino fresco al punto giusto, sui 12°, e porto in tavola.

domenica 5 agosto 2012

Filetto di vitello al forno con verdure



Un filetto risolve sempre. E' una carne talmente tenera che non richiede lunghissime cotture e rende discretamente, un pezzo di 600 g basta per 5 persone.
Con noi ieri hanno cenato gli amici veterinari e so che Anna non ama molto la carne per cui ho ripiegato su una ricetta tranquilla, un classico arrosto ma in chiave mediterranea con l'abbinata patata-pomodoro e le rosse cipolle di Tropea che si sono quasi caramellate.
Inizialmente l'idea era di farlo con una salsa al gorgonzola ma il gran caldo mi ha fatto desistere, trovo che sia una portata più a carattere autunnale.
E' un arrosto molto facile da fare, a prova di bambino come dico a volte, fa tutto il forno in poco più di un'ora.

-ricetta-
1 filetto di vitello del peso di 600 g
500 g patate novelle
2 cipolle rosse di Tropea
10 pomodori pizzutelli
rosmarino e salvia
sale e pepe
olio evo

Mi preparo le verdure pelando le patate (se sono nuovissime si possono anche solo raschiare un pochino) e tagliandole a metà, sbuccio le cipolle e le taglio a spicchi grossi, taglio a metà i pomodori.
Rifilo il filetto eliminando i grasselli più evidenti e qualche nervatura.
Prendo una teglia e ci verso un filo d'olio, ci adagio il filetto rigirandolo per rivestirlo d'olio, tutto intorno distribuisco le verdure che condisco con un pizzicone di sale, metto un rametto di rosmarino e qualche foglia di salvia, macino del pepe nero.


Intanto avrò fatto scaldare il forno a 190°, inserisco la teglia e faccio cuocere la carne per 40', girandola un paio di volte e approfittando per mescolare un po' le verdure.
Il segreto è cuocere la carne lasciandola leggermente rosata all'interno così rimarrà tenera e succosa.
Calcolando che per ogni chilo di carne occorre un'ora di cottura, 40' sono sufficienti per un pezzo di 600 g.
Trascorso questo tempo tolgo la carne che avvolgo in un foglio di alluminio dopo averla condita con un pizzico di sale e continuo a cuocere le verdure per altri 20'.
Al termine affetto la carne e la riappoggio in mezzo alle verdure tenendo al caldo sino al momento di servire.

sabato 4 agosto 2012

Risotto al peperone e porro mantecato con robiola della Valsassina



Buongiorno amici e buon sabato!
Dopo mezza settimana intensa vissuta a Milano, di cui avrei fatto molto volentieri a meno, ieri sera abbiamo ritrovato il piacere di condividere una serata in compagnia di amici, cenando in terrazza dove c'era una lieve frescura, ammirando prima i colori delle colline illuminate dal sole al tramonto, poi ascoltando le folaghe che starnazzavano allegre sotto i bagliori della luna piena.
Gina e Dani adorano il riso così ho scelto di coccolarli con un risotto alle verdure mantecato con questa robiola, che è un simil taleggio, formaggio a crosta lavata ma di forma più piccola, per cui matura più in fretta concentrando il sapore.
L'ho interamente privata della crosta rossastra che si potrebbe anche mangiare se ben raschiata ma che in mantecatura resterebbe troppo presente senza sciogliersi.
Ho aggiunto pochissimo sale, ancora una volta, ho lasciato che fosse il formaggio a bilanciare tutto.
Peperone verde e porro, un soffritto con cipolla rossa di Tropea, un goccio di Riesling per sfumare.
L'abbinamento è stato fatto con un vino alsaziano, il Klevener annata 2010 di Daniel Ruff, prodotto col Savagnin Rosé, un vitigno autoctono variante del Gewurztraminer, che ha una produzione limitatissima alla zona di Eiligenstein. Profumato di agrumi e frutti esotici è morbido e le sue note vegetali e minerali hanno bilanciato molto bene l'erbaceo del peperone verde, la dolcezza del porro e la sapidità del formaggio.
Daniele mi ha fatto notare che metto poche foto dei vini di cui parlo, in effetti quando scatto la foto al piatto è un po' complicato inserire anche la bottiglia quindi sopperisco con tutte le indicazioni possibili come se la bottiglia si vedesse.
Buone vacanze ragazzi, divertitevi a Kalimnos!

-ricetta-
400 g riso Baldo
2 peperoni verdi a cornetto o 1 quadrato
1 porro
1 piccola cipolla di Tropea
olio evo, sale, pepe
100 ml vino bianco
100 g robiola della Valsassina

Preparo le verdure pulendo il peperone, lo taglio a falde e quindi a listerelle sottili, lo stesso faccio col porro privandolo della parte verde e affettandolo a rondelle, poi trito la cipolla.
Nella risottiera scaldo un filo d'olio e ci metto cipolla e porro ad appassire lentamente appena spolverati da un pizzico di sale rosa, poi aggiungo il peperone e faccio saltare per 5'.
A questo punto verso il riso, lo faccio tostare poi lo sfumo col vino e lascio che evapori completamente poi continuo la cottura con acqua bollente a mestoli sino a quando non è ben al dente.
Spengo lasciandolo morbido e manteco col formaggio.
Faccio riposare 3' coperto e poi lo servo con una macinata di pepe fresco, per chi lo gradisce.
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