mercoledì 29 febbraio 2012

Gnocchi di gries allo zola

In base alle notizie 'clamorose' diffuse stamani alla radio, secondo quegli sciagurati di 'Meteo.it' (badate, non 'ilMeteo.it' che sono quelli che ci azzeccano!) oggi avremmo dovuto avere temperature surriscaldate per la stagione, (dov'erano questi profeti nello scorso fine settimana quando qui abbiamo toccato i 22° per 3 giorni di fila con un cielo blu intenso e nessuno ha commentato?), invece siamo ancora in inverno, fa freddo, siamo intorno allo zero e si gela!
Per questo torno a proporre una ricetta nordica, montanara, che si prepara in tutto l'arco alpino orientale, abbracciando il Trentino Alto Adige, il Friuli V.G. sino all'Austria, adattissima a questa giornata grigia, livida e fredda.
Pochi ingredienti, come sempre, per una grande resa, gnocchi al  cucchiaio che di solito sono serviti in brodo, cui naturalmente ho apportato la mia variante lombarda, condendoli con una crema di formaggio.
Si preparano alla svelta, se c'è il tempo si lascia riposare l'impasto un quarto d'ora.
Un altro quarto d'ora per la cottura e si va in tavola.
Gries in tedesco vuol dire semolino, ma è anche il nome di una cittadina sudtirolese.
E infatti il semolino è la base di questi gnocchetti. Siccome in cottura aumentano di volume, fateli piuttosto piccoli, la dose di un cucchiaino da caffè, così cuoceranno anche meglio.
Il brodo in cui lessarli, mi ripeterò all'infinito, sarebbe più indicato che fosse di carne, se però non l'avete cuoceteli in acqua salata e poi conditeli asciutti.
Questa mia versione è particolarmente saporita, se preferite una soluzione più leggera e delicata serviteli in brodo, abbondantemente conditi con formaggio grattugiato.

-ricetta-
250 g semolino
50 g burro
3 uova
1 cucchiaino di lievito per salati
brodo, sale
formaggio grattugiato
zola dolce e piccante, panna

Maneggio il burro a pomata montandolo con un cucchiaio di legno poi aggiungo le uova, sbattendole, prima di versare il semolino e il lievito, e una presa di sale.
Mescolo ottenendo un composto consistente ma non troppo che lascio riposare 15'.
Intanto metto a scaldare il brodo, quando inizia a bollire lo faccio fremere leggermente, e con due cucchiaini formo degli gnocchetti irregolari e li faccio cadere dentro.
Li lascio cuocere piano per circa 15', poi spengo e attendo altri 5' prima di toglierli usando una schiumarola.
In quei 5' d'attesa preparo il condimento stemperando lo zola piccante e quello cremoso insieme a qualche cucchiaio di panna, poi verso gli gnocchi, li mescolo delicatamente per non romperli, quindi spolvero con molto formaggio grattugiato prima di portare in tavola.

Abbinamento? per bilanciare l'aromaticità degli zola consiglio un vino dell'A.A., il Praesulis, Gewürztraminer di Gumphof. Markus Prackwieser è un piccolo 'grande' produttore di vini equilibrati che interpretano a meraviglia il territorio sudtirolese, la sua azienda è a Fiè allo Sciliar, in provincia di Bolzano.


martedì 28 febbraio 2012

Pomodori in insalata con aromi



I pomodori... li adoro, ne mangio tutto l'anno, è come se il mio fisico mi chiedesse apposta di consumarne. A volte mi domando come non mi sia ancora trasformata in una pianta di 'pomme d'amour', così venivano chiamati secoli fa, i pomodori in Francia!
Quelli estivi sono certamente i migliori, se di orto (come ho la fortuna di averne grazie ad amici e vicini) meglio ancora, ma ormai nel sud Italia, soprattutto in Sicilia, ci sono coltivazioni che ne producono a ciclo continuo, e date le favorevoli condizioni del suolo e di quelle climatiche, sono ottimi e saporiti.
Aborro invece quelli tunisini e marocchini, totalmente insapori, pallidi e asfittici, e si che da loro le temperature ideali non mancano, ma evidentemente la qualità del sottosuolo e delle varietà coltivate fa la differenza. I Pachino & co. ce li abbiamo solo noi!
Preferisco pagarli di più, ma cercare il prodotto italiano.
Piccolo aneddoto, di quelli che tanto piacciono alla mia amica Gina.... ricordo che molti anni fa, alla fine degli anni '80, entrai in amicizia con i tuttora miei fornitori di verdura e frutta in Milano (ora sporadici, ahimè, perchè non abito più lì) quando, girando tra i banchi del mercato del venerdì, quello sotto casa di allora, lessi un cartello apposto sopra una cassa di meravigliosi pomodori che li indicava come "saporiti"... mi avvicinai e ne acquistai 2 chili, prevenendo il giovane ragazzo dietro il banco che, se non fossi rimasta soddisfatta dell'acquisto, glieli avrei riportati.
Ma Mauro non mentiva, erano buonissimi e da allora non acquisto mai pomodori nella grande distribuzione ad eccezione di quelli Dop di Pachino, per gli altri mi rivolgo a venditori di fiducia, che vendono prodotti qualificati, di certificata provenienza italiana.
I pomodori, originari del centro-sud America, erano un frutto caro agli Aztechi e giunsero in Europa nel 1540, riportati da Cortés.
Hanno un'infinità di proprietà benefiche, sono poco calorici ma ricchi di potassio, utile contro i crampi, la stanchezza e l'ipertensione, di ferro, di zinco, zolfo, fosforo e calcio.
Se consumati crudi apportano buone dosi di vitamine, dalla C alla A e anche del gruppo B.
Sono ricchi di licopene, protettore della prostata e studiato a lungo per le discrete proprietà antitumorali.
Mi sembra un'ottima serie di validi motivi per consigliare il consumo di pomodori, senza dimenticare le loro capacità disintossicanti e antiossidanti, sapendo che facilitano la digestione degli amidi della pasta e che aiutano la motilità gastrica grazie all'acido malico e lattico che contengono.
Fatto sta che pressochè quotidianamente non rinuncio a consumarne, è difficile inventarsi modi diversi di abbinarli e condirli, ma c'è sempre un'idea che sbuca da dove meno te l'aspetti.
L'altra sera mi sono imbattuta in una trasmissione dove Nigella Lawson stava aggiungendo foglie di prezzemolo ad un insalata mista, in quantità abbondante come fossero soncino o pasqualina.
Ecco quindi come mi è venuta l'idea di condire dei pomodori, varietà Piccadilly, con tante foglie verdi di prezzemolo, timo e origano freschi e buccia di limone, oltre a ottimo olio evo siciliano, il Polifemo di Viragì.
Sale di Trapani, pomodori coltivati in Sicilia, olio degli Iblei, tutto all'insegna della nostra amata isola!
Il limone, però, proviene da una pianta di amici, maturato lungo le sponde del lago di Como.

-ricetta-
300 g pomodori Piccadilly o mini San Marzano
una grossa manciata di foglie di prezzemolo
2 rametti di timo
2 rametti di origano
un limone non trattato
sale, olio evo

Taglio in 4 spicchi i pomodori, li accomodo in una terrina e sopra ci metto le foglie di prezzemolo ben lavate e asciugate, poi sfoglio i rametti di erbe aromatiche, grattugio la buccia del limone e condisco con un po' di sale in scagliette e un generoso filo di olio.
Pane fresco, croccante e tiepido e una fettina di primosale o un bocconcino di mozzarella.... mi basta questo per fare pranzo, una vera goduria, leggero e disintossicante dopo il banchetto, più che abbondante, domenicale.
Oppure sarà la bella giornata con temperature piacevolmente primaverili a invogliarmi a qualcosa di fresco?

lunedì 27 febbraio 2012

Ossibuchi (con risotto)

Chi mi legge sa che adoro i tagli di carne, solo apparentemente, meno pregiati.
L'òss büs è uno di quelli, se di manzo ancora meno considerato per via della lunga cottura che richiede.
E' preferibile che sia ricavato dal geretto posteriore perchè più ricco di carne intorno a un bel moncone di osso midollato (indispensabile!!).
I miei arrivano dal mio macellaio di fiducia in Badia, sono grossi e carnosi, macellati da manzi allevati direttamente nei masi alpini.
Negli anni bui di 'mucca pazza' erano praticamente spariti dalle macellerie, la legge ne vietava la vendita proprio per via del midollo contenuto.
Ora sono stati riabilitati e si ritrovano, con piacere, nei pochissimi ristoranti e trattorie che cucinano meneghino.
Li accompagnerò con un risotto alla milanese, of course, morbidamente mantecato e grasso al punto giusto, con un leggero aroma di gremolata, non troppa, per non disturbare il vino.
In teoria serve un ossobuco a persona ma si può anche dividerne uno in due, se particolarmente grande, c'è sempre chi rinuncia al midollo.
Hanno bisogno di molto spazio per la cottura, per cui prevedete due casseruole se sono tanti.
Sono sicura che a Max, di cui festeggiamo il compleanno, piaceranno... e non solo a lui!
Ovviamente è una ricetta che funge anche da piatto unico ma, dati gli appetiti robusti, per stavolta il risotto sarà solo un accompagnamento e il tutto sarà preceduto da una pasta asciutta.
Per servire il piatto il più caldo possibile (eravamo in tanti) ho assemblato il tutto e la carne nasconde il riso, ma è molto più bello servire una porzione di risotto con appoggiato sopra l'ossobuco.

-ricetta-
ossibuchi di manzo
1 cipolla
aglio, prezzemolo, scorza di limone
vino bianco, brodo
burro e olio evo
farina
sale e pepe

per il risotto:
riso, burro, cipolla, zafferano, brodo vegetale fresco, parmigiano

Trito finemente la cipolla e la metto ad appassire lentamente in una larga casseruola con dell'olio e una noce di burro.
Infarino gli ossibuchi dopo che li ho incisi lungo il bordo con piccoli taglietti per evitare che si arriccino troppo in cottura, allo scopo utilizzo un coltello di ceramica, affilato come una lametta.
Dispongo gli ossibuchi sopra la cipolla e li faccio rosolare a fuoco vivace da ambo le parti, poi li sfumo con un po' di vino bianco, e una volta evaporato aggiungo brodo caldo, due o tre mestolini, salo leggermente e copro, lasciando cuocere pianissimo per circa 2 h.
Se asciugasse troppo metto altro brodo, sempre poco alla volta.
Correggo di sale e macino poco pepe.
Intanto cuocio il riso, preparandolo alla milanese e mantecandolo con una noce di burro e un trito finissimo di mezzo spicchio d'aglio, qualche foglia di prezzemolo e buccia di limone grattugiata.
Dispongo il riso nella teglia, sopra appoggio gli ossibuchi e porto in tavola caldissimo.

Il vino abbinato è stata una Barbera d'Alba, vendemmia 2004, Roscaleto di Boglietti, un vino potente coi suoi 14°, elegante e vellutato.

sabato 25 febbraio 2012

Riso ricco



Avevo voglia di preparare un bel piattino da abbinare a un Lambrusco Reggiano Doc, una delle quattro denominazioni ufficiali.
E' inutile arricciare il naso, questo vino è troppo spesso sottostimato e considerato a torto senza qualità, eppure viene prodotto sin dall'epoca romana, come testimoniano Virgilio, Catone, Varrone e Plinio il Vecchio.
Apprezzato già nel 1500, nel '700 si cercarono bottiglie atte a conservarne la naturale effervescenza, utilizzando le 'borgognotte' dallo spesso fondello, adattissime a contenere la pressione creata dalla presa 'naturale' di spuma, dovuta alla seconda rifermentazione in bottiglia, come avviene per lo champagne.
Poi si studiò la legatura del tappo mediante spago, in seguito diventato gabbietta, infine negli anni '60 si arrivò a perfezionare l'attuale metodo produttivo mediante metodo Charmat, ossia una presa di spuma in autoclave, a temperature controllate.
Un vino naif, indubbiamente, che ho scelto di accompagnare a questo riso scolato e condito con un misto di morbidezza (data dalle uova), grassezza (il mascarpone) e tanto sapore (la salsiccia e i formaggi).
Le dosi sono per 4 persone, anche se oggi l'ho cucinato per due.

-ricetta-
320 g riso Baldo
200 g salsiccia dolce a nastro
1 uovo intero e 2 tuorli
60 g pecorino romano
50 g parmigiano grattugiato
50 g mascarpone
brodo leggero
un mazzetto di foglie di salvia
pepe



Metto a scaldare il brodo per lessare il riso, nel mentre formo piccolissime palline con la salsiccia spellata e le faccio rosolare in una padella rovente senza grassi, scuotendole spesso, insieme al mazzetto di foglie di salvia, che così diventeranno belle croccanti.
Butto il riso e lo faccio lessare senza scuocerlo, intanto che cuoce mescolo in una ciotola le uova coi formaggi e una macinata di pepe.
Scolo il riso lasciandolo un po' umido e lo condisco col composto di uova e formaggi.
Impiatto le singole porzioni aggiungendo qualche pepita di salsiccia e foglie di salvia.
Servo accompagnando con un calice di Lambrusco fresco, a temperatura di cantina.

Abbinamento riuscitissimo, il vino leggermente acido ma asciutto, lievemente effervescente e profumato, smorzava la nota morbidissima del riso e sgrassava il finale della salsiccia.

giovedì 23 febbraio 2012

Una semplice insalata...

...come se ne possono comporre centinaia, secondo i gusti e le scorte a disposizione!
Insalata, termine che, se lo googlate su Wikipedia, sta ad indicare un miscuglio di più cibi, principalmente a base di verdure, conditi con vinaigrette o citronette, a seconda che si emulsionino olio e sale con aceto o limone.
Mica solo quella a foglia verde, dunque. Buona per carità, ma che noia!
Niente di più semplice quindi, basta solo un po' di fantasia per assemblare quanto c'è nel frigorifero.
Nel caso odierno un cuore di trevisano tardivo, un cuore di scarola dalle foglie tenere e pallide, un salamino calabrese appena un po' piccante (opzionale se si vuol restare vegetariani), qualche noce, un tomino primosale, un cipollotto, qualche pomodoro datterino e giusto un rametto di origano fresco, che però potrebbe essere basilico oppure erba cipollina o timo.
Olio evo tra i migliori, succo di limone, sale e pepe q.b.
Una soluzione leggera per il mezzogiorno se la si accompagna a fragranti fette di pane, che diventa spuntino-piatto unico.

-ricetta-
1 cuore di trevisano tardivo
1 cuore di scarola
1 salamino calabrese
1 tomino primosale
5 noci
1 cipollotto
6/7 datterini
origano fresco, succo di mezzo limone
olio evo, sale, pepe

Lavo le insalate e le scolo bene, quindi le taglio a listerelle.
Affetto sottilmente il cipollotto e anche il salamino.
Taglio a metà i datterini e a dadini il primosale.
Privo le noci del guscio.
Prendo un recipiente che possa andare in tavola e dispongo prima la scarola, poi il radicchio, sopra metto le fettine di salamino e i dadini di primo sale, poi il cipollotto e i pomodori.
Qua e là distribuisco le noci spezzettate, l'origano e condisco con l'emulsione di olio, limone, sale e pepe.

martedì 21 febbraio 2012

Polpette di arrosto allo zenzero e poppy seeds



Avanzato dell'arrosto? per carità riscaldato col suo sughetto andrebbe benissimo, ma so di molti amici che non gradiscono la stessa portata riproposta anche 48 ore dopo, per cui...
Cosa ho fatto per questo recupero? niente di che, se non macinare le fette e insaporirle con zenzero fresco, formaggio e cipollotti e impanarle con semi di papavero e pangrattato, più qualche pizzico di... e farne delle big polpette. Vi ho incuriosito? Leggete la ricetta.
Se le fate più piccole saranno un ottimo finger food.

-ricetta-
400 g di arrosto a fette
2 cipollotti
1 radice di zenzero fresco
2 uova piccole
50 g formaggio grattugiato
sale, pepe
pangrattato e semi di papavero
olio per friggere

Metto nel mixer la carne a pezzi, le uova, i due cipollotti puliti, la radice di zenzero spellata, il formaggio grattugiato, un pizzico di sale e una macinata di pepe.
Aziono il robot e riduco il tutto in poltiglia, la traferisco in una boule e con le mani formo delle grosse polpette che passo in pangrattato e semi di papavero in parti uguali rivestendole, non le passo nell'uovo perchè l'umidità del composto è sufficiente a far aderire la panure.
Con queste dosi ne sono venuti 8 pezzi di circa 80 g cad.
Scaldo un velo d'olio in una larga padella e ci metto le polpette, le faccio colorire da ambo i lati rigirandole un paio di volte per parte, poi le metto a scolare su carta da cucina.
Nel frattempo pulisco dell'insalata, la metto sul piatto da portata, la spolvero con un pizzico di fleur de sel e la condisco con buon olio evo.
Vi appoggio sopra le polpette e servo.

Cassatelle fritte



Oggi, secondo il Carnevale ambrosiano, è martedì grasso.
Rispettiamo la tradizione di golosità fritte e concediamoci un paio di cassatelle!
Come le ho scoperte? c'è sempre una storia dietro le ricette che amo replicare, per questa torniamo al giugno 2004 (o era il 2005?), Sicilia, Trapani, trattoria Fontana.
Eravamo in giro per la Sicilia occidentale in visita ad aziende vinicole e uscendo da una di queste domandammo al direttore commerciale se ci dava una buona dritta su dove recarci per mangiare bene.
E lui ci indicò questo ristorante, un posto molto carino, semplice ma arredato con gusto, con annessa enoteca e una cantina molto ben fornita, ma soprattutto una cucina che mi è rimasta nel cuore.
Chissà, magari adesso non c'è più o ha cambiato gestione...chissà!
Ricordo con nostalgia i 'busiati' fatti a mano e conditi col pesto alla trapanese, i minuscoli calamaretti spillo di una frittura indimenticabile e questo dolce che, persino io che non ne mangio, apprezzai tantissimo.
Chiesi al cuoco la ricetta, facile mi rispose, basta friggerle, farle intiepidire e mangiarle poi, serio, mi spiegò come fare pasta e ripieno.
Il solito destino di chi cucina fritti ho pensato...se si vogliono apprezzare al meglio, chi si occupa della frittura li assaggia mentre sta friggendo, invece ho sperimentato che queste cassatelle sono buone anche sino a un paio d'ore dopo che sono state cotte, così me le preparo in leggero anticipo prima della cena, per gustarle tutti insieme, con un Cielo d'Alcamo, per esempio.
Quelle alla trapanese, per quel che ne so, hanno un ripieno di ricotta e cioccolato, immagino sia molto simile a quello dei cannoli, solo che hanno la forma di un grosso raviolo tondo.
Considerato che se ne mangiano un paio a testa, le dosi bastano per 10 persone, poco golose.

-ricetta-
per la pasta:
300 g farina
30 g burro
30 g zucchero
1 uovo
scorza di arancia e limone, sale

per il ripieno:
250 g ricotta
120 g cioccolato fondente
120 g zucchero
sale, cannella

Preparo prima la pasta mescolando gli ingredienti e formando una palla che lascio riposare almeno per 30', avvolta da pellicola.
Intanto faccio il ripieno, grattugiando il cioccolato e mescolandolo con zucchero e ricotta.
Stendo la pasta in sfoglie spesse 2/3 mm, ritaglio dei dischi del diametro di 8 cm, al centro di metà di questi metto un cucchiaino di composto e chiudo con un altro disco, inumidendo i bordi per farli ben sigillare.
Scaldo abbondante olio di arachidi e friggo poche cassatelle alla volta, le scolo su carta da cucina appena sono dorate uniformemente e solo quando sono tiepide le spolvero di zucchero a velo mischiato con un po' di cannella.

Buon Carnevale a tutti!

lunedì 20 febbraio 2012

Tagliatelle di grano saraceno, wurstel e broccolo romanesco

Queste tagliatelle sono pizzoccheri, alla fin fine, che non necessariamente si devono ogni volta condire con formaggi e burro.
Stavolta mi invento un sugo strascinato perchè sbollento prima il cavolo romanesco, prodigio architettonico della natura coi suoi ciuffi così armoniosamente costruiti, e poi lo ripasso in padella con aromi e wurstel prima di condirci la pasta.
Una cascata di quartirolo precedentemente condito con olio e sale al vino rosso a fare da cappello e un bicchiere di birra doppio malto per brindare.
Carboidrati, proteine, grassi, fibre e vitamine... c'è tutto quel che occorre per farne un piatto unico e completo, saporito, equilibrato e non troppo pesante, se poi volete rimanere sul vegetariano abolite i wurstel.
Calcolate non più di 70 g a testa di pasta perchè il condimento è abbondante.
Il capuliato potete sostituirlo con 2 pomodori secchi tritati con uno spicchietto di aglio e una punta di peperoncino.

-ricetta-
280 g pizzoccheri
500 g cavolo romanesco già pulito di foglie e gambi coriacei
60 g quartirolo
250 g wurstel
1 cucchiaio di capuliato
1 scalogno
olio evo, sale aromatico, pepe

Pulisco il cavolo, lo riduco a cimette e lo sbollento per 5/6' in acqua salata bollente perchè non perda tutto il valore nutritivo e rimanga al contempo croccante.
Lo scolo e lo lascio intiepidire.
Cuocio per pochi minuti i wurstel, poi li taglio a fettine per il lungo ricavandone dei bastoncini grandi come le tagliatelle.
Taglio a dadini piccoli il quartirolo, lo metto in una ciotola e lo condisco con un velo di olio e un pizzico di sale al vino rosso.
In una larga padella faccio rosolare piano lo scalogno tritato con dell'olio evo e il capuliato.
Quando è trasparente aggiungo le cimette di cavolo sbollentate, lascio che si insaporiscano per 5', poi metto anche i wurstel e spengo.
Lesso le tagliatelle di saraceno e le scolo al dente, le verso nella padella col condimento e un mestolino di acqua di cottura e le faccio saltare perchè si insaporiscano bene.
Poi impiatto guarnendo con il quartirolo condito e una macinata di pepe.

sabato 18 febbraio 2012

Spaghetti di kamut, crema di peperone e fiorone di capra con zucchine fritte

Oggi pasta!
Ancora spaghetti di grano kamut, la mia dispensa non ne esaurisce mai le scorte e ogni volta il consorte mi domanda di chi sia quella buona pasta... come se non fosse lui ad accompagnarmi in Veneto per l'acquisto (il mio adorato distratto-smemorato-marito!)
Peperone rosso (va bene anche giallo) e caprino fiorone più una zucchina, per dare una nota dolciastra al gusto erbaceo del peperone e al lieve asprigno del formaggio.
Mentre si scalda l'acqua per lessare la pasta cuoce il peperone, frullarlo è un attimo e intanto che cuoce la pasta si friggono le zucchine. Tempi ottimizzati per servire un primo piatto in poco più di 20'.
Vi risparmio i complimenti di mio marito... solo lui riesce a farmi arrossire.

-ricetta-
320 g spaghetti
1 peperone rosso
1 cipollotto
1 fiorone di capra
1 zucchina
timo, sale, pepe
olio evo

Comincio dalla crema di peperone, che taglio a pezzi dopo averlo lavato e poi lo metto a soffriggere con una cipollina tritata in un filo di olio evo con un pizzico di sale.
Quando è morbido lo frullo a crema insieme al fiorone.
Intanto l'acqua di cottura della pasta sarà arrivata a bollore, ci cuocio la pasta al dente e nel frattempo friggo la zucchina tagliata a mezzelune in olio evo.
Quando sono belle dorate le spolvero con poco sale e un rametto di timo sfogliato e le tengo in caldo.
Scolo la pasta, la condisco nella padella dove ho fritto la zucchina che sarà rimasta leggermente unta dell'olio di frittura, aggiungendo la crema e un po' di acqua di cottura.
Mescolo per far rivestire gli spaghetti di sugo e impiatto completando con le zucchine.


venerdì 17 febbraio 2012

Filetti di merluzzo sciuè sciuè

Buona sera a tutti, cari lettori e followers, credevate che fossi sparita?
Molto semplicemente, quando sono a casa da sola non sempre mi cucino ricettine particolari perciò ho atteso il ritorno a casa del maritino e, in base alla scelta del vino che intendeva stappare, mi sono regolata a cucinare del pesce.
Il termine sciuè sciuè è una locuzione napoletana, di etimologia incerta, che sta per 'alla buona, semplice'.
E infatti il modo in cui ho cotto dei filetti di merluzzo per stasera è esattamente così, semplice e veloce, ma saporito e gustoso.
Il vino che il sommelier di casa ha scelto è un po' particolare, un bianco delle Côtes du Jura a base di Chardonnay e Savagnin, Domaine Rolet 2001, prodotto in modo speciale nella regione, secchissimo tanto da sembrare uno Sherry extra dry, ridotto e leggermente ossidato, con sentori di sottobosco e tartufo.
Così particolare da sposarsi benissimo con le cipolle e le olive del sughetto.
Comunque anche un bianco italiano con poca acidità, un Verdicchio o una Ribolla potrebbero andare bene.

-ricetta-
filetti di merluzzo, calcolate 150 g a testa
50 g olive nere
1 cipolla grande
olio evo
sale, vino bianco

Metto a sudare la cipolla affettata non troppo sottile in un po' di olio evo, la spolvero con un po' di sale e copro, lasciandola diventare trasparente.
A questo punto aggiungo le olive e i filetti di merluzzo, li faccio rosolare e li giro aiutandomi con una paletta, poi li sfumo con un dito di vino (lo stesso che porto in tavola) e copro lasciando sobbollire pianissimo per qualche minuto, il merluzzo fresco cuoce in poco tempo.
Regolo di sale e metto nei piatti con un po' di cipolle, qualche oliva, una fettina di polenta e, se voglio, con la nota di colore di qualche filetto di peperone.

martedì 14 febbraio 2012

Tiramisù alle fragole con biscotti Roses de Reims, Be My Valentine

Il blog internazionale Very Good Recipes organizza il "Be My Valentine Challenge" e Stephane, il suo patron, mi ha mandato una mail invitandomi a partecipare alla sfida.
Tradizionalmente si associa un dolce alla cenetta intima per festeggiare il santo patrono degli innamorati, per l'occasione ho scelto di preparare un fresco e leggero tiramisù, perchè diluirò la crema al mascarpone con uno yogurt greco denso e cremoso, le fragole non sono propriamente di stagione ma spesso sono associate all'amore, più il tocco romantico del crunch alla francese, utilizzando gli speciali biscotti rosa di Reims. Lo testerò con mio marito e qualche amico.
Se non avete i Roses de Reims, no vero? (lo immaginavo!) sostituiteli con savoiardi o Pavesini.
Indispensabile l'abbinamento con una flûte di Champagne Demi-sec.
Buon San Valentino a tutti gli innamorati!

-ricetta-
per 6 persone
500 g fragole
250 g mascarpone
125 g yogurt greco
150 g biscotti Roses de Reims (o 20 pezzi)
3 uova freschissime
60 g zucchero
50 ml sciroppo di zucchero
1/2 limone, il succo
vaniglia Bourbon


Lavo le fragole, tolgo il ciuffetto apicale e le taglio a spicchi, tenendone da parte 3 intere che userò per decorare. Metto le altre nel mixer con lo zucchero di canna in sciroppo e un cucchiaio di succo di limone, frullo ottenendo il coulis in cui intingerò i biscotti.
Preparo la crema montando i tuorli con lo zucchero, poi aggiungo yogurt e mascarpone. Frusto per ottenere una soffice crema omogenea. Aggiungo un po' di vaniglia, l'estratto naturale in polvere o liquido. Monto a neve gli albumi con 2 gocce di succo di limone e li mescolo al composto precedente.
Scelgo un contenitore rettangolare e comincio a fare il primo strato intingendo nel coulis i biscotti, poi li appoggio uno accanto all'altro, metto sopra ancora qualche cucchiaino di passato di fragole e poi faccio uno strato di crema, ripeto un nuovo strato di biscotti imbevuti nelle fragole e completo con un nuovo strato di crema.
Decoro la superficie mettendo fettine di fragole a formare un cuore.


Qui sotto il link richiesto dal blog

http://verygoodrecipes.com/be-my-valentine-challenge

lunedì 13 febbraio 2012

Tagliatelle di castagne al ragù di maiale

Inizio dal ragù. Perchè, dalla spesa di un buffet per una festa di ragazzini, mi erano avanzati due teneroni di prosciutto cotto, una di quelle cose che di mia iniziativa non acquisterei mai, e infatti giacevano nel frigorifero, ormai prossimi alla scadenza. Che ci faccio mi domando? mah!
In dispensa trovo una confezione di tagliatelle che alcune amiche mi hanno riportato da un loro viaggio ad Arezzo, quelle si che hanno un aspetto invitante. Come le condisco mi chiedo?
Da qui nasce l'idea di utilizzare i teneroni come carne da sugo (tanto di prosciutto tritato ricostituito si tratta, più o meno), per cui se aggiungo un mare di verdure e della salsiccia a nastro ce la posso fare, mi dico.
E infatti... ne è uscito un sugo eccezionale, parola di superMax. ;)
Ovvio che se non avete tagliatelle alla farina di castagne, cosa peraltro probabile, potete condirci della normale pasta, anche all'uovo.
La dose del sugo è abbondante, se vi avanza potete congelarlo o utilizzarlo nel giro di 5/6 giorni.

-ricetta-
per 6 persone
500 g di pasta tipo tagliatelle
2 teneroni
300 g salsiccia a nastro
400 g passata di pomodorini
2 carote
2 cipolle
3 gambi di sedano
1/2 peperone giallo
olio evo
pepe, vino bianco

Inizio col fare il ragù, tritando tutte le verdure e mettendole ad appassire in un velo di olio evo.
Mentre si intridono e soffriggono trito al mixer i teneroni, spello la salsiccia e la schiaccio con la forchetta.
Quando le verdure sono rosolate a sufficienza aggiungo la salsiccia, la faccio rosolare bene e la sfumo con mezzo bicchiere di vino bianco, quando è tutto evaporato è il momento di mettere il prosciutto tritato e la passata.
Mescolo e aggiungo un po' di acqua calda sciacquando la bottiglia della passata.
Copro e lascio sobbollire per circa un'ora. Non salo perchè è già saporito.
Casomai macino un po' di pepe nero.
Spengo e metto da parte, posso anche prepararlo il giorno prima.
Lesso le tagliatelle al dente e le condisco col saporito sughetto, utilizzando anche qualche cucchiaio dell'acqua di cottura della pasta.

domenica 12 febbraio 2012

Selle di coniglio allo zafferano e foglie di sedano

Vi siete mai domandati perchè buttiamo sempre via la maggior parte delle foglie di sedano?
A me, forse, piacciono più dei gambi. E spesso le utilizzo come verdura.
Questa volta faranno parte dell'intingolo che accompagna il coniglio.
Come spesso accade, quando vedo dei bei tagli di carne non so resistere, così è successo per queste due selle, carnose e adatte a 6 persone.
Un tocco di zafferano e il gioco è fatto.

-ricetta-
2 selle di coniglio
1 mazzo di foglie di sedano e qualche gambetto sottile
1 cipollotto
1 porro piccolo
1 spicchio di aglio
2 bustine di zafferano
sale, pepe, olio evo
vino bianco

In una padella larga e bassa che contenga le due selle metto a scaldare l'olio con aglio, cipollotto e porro affettati e lascio sudare.
Quando iniziano ad appassire adagio le selle, le lascio colorire da ambo i lati prima di sfumare con un bicchiere di vino bianco.
Poi aggiungo le foglie del sedano tagliuzzate, metto un pizzico di sale e quando sono appassite bagno con un mestolo di acqua calda dove ho sciolto lo zafferano.
Copro e lascio cuocere, girandole ogni tanto per circa un'ora.
Prima di spegnere macino del pepe nero. Lascio leggermente intiepidire.
Porto in tavola il coniglio e il saporito intingolo.


L'abbinamento? un Rosso IGT Toscana, Cerviolo annata 1999, di San Fabiano Calcinaia, quel giusto mix di Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese da far invidia ai migliori Bordeaux.

Torta salata con scarola, noci e alici piccanti

La cicoria scarola è molto usata al sud in versione cotta, a Napoli la preparano brasata con olive, capperi, acciughe, pinoli e uvetta, molto buona, ma io non amo troppo l'uvetta nelle verdure e, anche se volessi ripetere la ricetta tradizionale, tutta l'uvetta che avevo in dispensa l'ho data agli uccellini per aiutarli a superare i rogori di questo rigidissimo inverno. La terrazza pullula di scriccioli, passerotti e pettirossi alla ricerca di qualcosa di commestibile, la neve copre tutti i prati e loro poverini non trovano nulla di cui cibarsi. Perciò oltre a granaglie e semini vari, uso fette di panettone sbriciolato e uvetta.
E' diventato il cinematografo di Nina, che se ne sta dietro al vetro digrignando i denti ed emettendo strani suoni, ma almeno lei non è una killer come lo era Magellano.

                                                                             

Anche stamattina siamo a -10°...ma quando molla un pochino? inorridisco al pensiero della prossima bolletta del gas!
Comunque, tornando alla scarola, ne farò una torta salata per antipasto, puntando più sul salato, brasandola con scalogni e condendola con noci, olive di Kalamata, formaggio e le alici piccanti della Rizzoli Emanuelli.
Per stavolta uso la pasta pronta. Ho in mente di preparare un tiramisù alle fragole e mi serve tutto il tempo disponibile.

-ricetta-
1 rotolo di pasta brisé
1 cespo grande di scarola
1 confezione di Alici Piccanti
12 noci sgusciate
12 olive di Kalamata
50 g formaggio grattugiato
2 scalogni, 2 spicchi di aglio
olio evo, sale, pepe

Lavo la scarola, la sgrondo e la taglio a pezzi.
Metto a scaldare nel wok un giro di olio, gli spicchi di aglio infilzati in uno stecchino (così non li perdo), gli scalogni tritati e 4 alici che si fonderanno, poi aggiungo la scarola, la lascio appassire e metto un pizzico di sale poi la faccio brasare sino a che diventa tenera.
Trasferisco la verdura in una boule eliminando il più possibile l'acqua che avrà rilasciato, lascio intiepidire poi aggiungo le noci tritate grossolanamente, le olive snocciolate e tagliate a filetti e il formaggio grattugiato.
Stendo la pasta con la sua carta in una tortiera dai bordi un po' alti, bucherello il fondo con la forchetta e verso il composto, distribuisco, tagliandole a pezzi, altre 5/6 alici.
Una macinata di pepe, ripiego un po' della pasta sul bordo formando dei becchi e inforno a 200° per circa 25/30'.

sabato 11 febbraio 2012

Risotto porri, cipolle e scalogni con uova di quaglia

Tutto all'insegna delle Liliacee, o più propriamente delle Alliacee, piante fortemente aromatiche ricche di nutrienti e che apportano sostanze benefiche al nostro organismo.
Le userò per insaporire questo risotto invernale che ho deciso di decorare con ovette di quaglia in cereghin, ossia fritte all'occhio di bue con una noce di burro salato.
Piatto per nulla elaborato ma complesso nei sapori che penso non sfigurerà con un calice di Champagne, Brut Prestige, millesimé 1997 di Tarlant. Un vino complesso e interessante con sentori di mandorla e un leggero sottofondo boisé, ottimo per brindare a una lunga intesa.

-ricetta-
300 g riso Baldo
2 porri
2 cipollotti rossi di Tropea
2 scalogni 'cuisse de poulet' o banana
12 uova di quaglia
burro demi-sel
50 g formaggio latteria
brodo vegetale
olio evo, vino bianco
sale e pepe



Sbuccio e taglio a rondelle spesse mezzo centimetro tutte le verdure.
Scaldo il brodo.
Nella pentola per risotti metto una noce di burro e 2 cucchiai di olio evo insieme alle verdure, scaldo e faccio sudare senza colorire poi aggiungo il riso, lo faccio tostare a fiamma vivace, lo sfumo con appena un goccio di vino perchè il cipollame ha già la sua acidità ( in questo caso un dito dello stesso Champagne che poi berremo) e inizio a bagnarlo con il brodo bollente, un mestolo alla volta man mano che viene assorbito, mescolando.
Quando è cotto al dente spengo, lo manteco con il formaggio grattugiato e copro.
Intanto che riposa cuocio tre uova di quaglia alla volta (che sguscio con delicatezza in un piattino) friggendole con un pezzetto di burro e un pizzico di sale solo sull'albume. Fate attenzione a quando sgusciate le ovette perchè il loro guscio si sbriciola e si rischia che qualche pezzetto cada nelle uova.
Metto nei piatti e sopra ogni porzione di risotto appoggio le uova all'occhio.
Macino un poco di pepe, se piace, e servo in tavola.

venerdì 10 febbraio 2012

Coppa di maiale arrosto profumata alla Malvasia

Per puro caso! (un'altra volta). Dovete sapere che sto pochissimo davanti alla tv, a volte è accesa perchè sto aspettando di registrare qualche film o perchè mi sono appuntata, con almeno 10 post-it, uno spettacolo imperdibile (rarissimo).
In cucina, e durante la giornata, mi fanno compagnia lo stereo e la radio, perchè non è richiesta attenzione 'visiva' e perchè mi regalano molte più emozioni.
Però, alcune sere fa, mentre stavo programmando MySky, sono incappata in un cuoco emiliano con un piacevolissimo accento (ricordi ancestrali degli amici piacentini di papà), si tratta di Daniele Persegani, che stava cucinando un arrosto di coppa di maiale (taglio misconosciuto che amo particolarmente perchè non è tutto magro) profumato con verdure, erbe e Malvasia.
Folgorata! la cena di stasera, per i soliti dodici apostoli (come li chiamo io), richiede un secondo facilmente realizzabile e divisibile.
Due chili e passa di carne, che ieri sera ho messo a marinare e che cuocerò in forno lentamente, frullando poi il saporito fondo di cottura.
Usate assolutamente una Malvasia piacentina, un profumato vino bianco leggermente mosso, ma secco, che conosco, grazie a mio padre, da oltre 40 anni. Quello dell'amico Gigi Molinelli è uno dei miei vini da cucina preferiti.
Chapeau, quindi, al cuoco che non conoscevo...

-ricetta-
per 6/8 persone
1,300 g coppa maiale
2 carote
2 gambi di sedano
1 cipolla grande
alloro, rosmarino, salvia, timo, aglio
1 bottiglia di Malvasia piacentina
olio evo, sale

La sera prima metto a marinare la carne in un capiente recipiente con le verdure pulite e tagliate a tocchi e mezzo litro abbondante di vino.
Il giorno dopo scolo la carne, la asciugo bene e la ricopro con un trito di odori massaggiandola, poi la metto a rosolare nella stessa teglia che andrà in forno con le verdure della marinata e un bel giro di olio evo.
Quando è ben rosolata da tutti i lati aggiungo 3 spicchi d'aglio, vestiti e schiacciati, il vino della marinata e a fuoco vivace lo porto a bollore poi trasferisco il tutto in forno a 180° per un'ora e mezza.
Gli aromi dovrebbero essere sufficienti a dare sapore, comunque assaggio il sugo e se occorre correggo di sale.
Quando la carne è cotta spengo il forno, la trasferisco in un altro recipiente mantenendola al caldo coperta con stagnola mentre raccolgo il fondo di cottura coi suoi succhi e le verdure e lo frullo, poi lo passo al colino.
Taglio la carne a fette, che saranno molto variegate e miste, e le nappo con il sugo.
Servo con patate bollite.

Superlativo abbinamento con un comparativo di due Cabernet-Sauvignon dell'Alto Adige, il Freienfeld di Cortaccia, e il Pfarrhof di Kaltern Kellerei, entrambi del 2006.

Tartine sprint con crescenza e pomodori secchi



La giornata inizia un po' storta, ancora neve ma leggera, come zucchero a velo che ricopre un pan di Spagna, poi arriva il sole e tutto cambia, sono in cucina, cosa normale peraltro, ma col sole è meglio!
Poi ti arrivano quelle telefonate che ti fanno incaxxare...gente che da mesi ti prende per i fondelli (assicuratori che ti DEVONO rimborsare migliaia di euro e nicchiano inventandosi scuse che a pubblicarle tutte ci farei un instant book!) e allora ti viene la voglia di spaccare tutto, imprechi da sola frasi irripetibili (per fortuna!) e ti ritrovi (ancora per fortuna!) con un coltellaccio in mano ad affettare tartine e chiederti 'e adesso che ci metto sopra'?
A volte le ricette nascono così, proprio per caso!
Il maritozzo torna oggi dopo 15 giorni di città, a lui basterebbe la vista dell'adorata MICIolA, sono più che certa che Nina gli dimostrerà tutta la riconoscenza dovuta, dopotutto è tornato a casa il suo pouf preferito!
Però è giusto accoglierlo con un sorriso sulle labbra, nonostante tutto, e qualcosa di buono e adatto a una bella bottiglia di bollicine... devo smaltire la rabbia alla svelta, tra 24 ore festeggeremo l'anniversario del nostro (ormai lontanissimo) giorno del sì! meglio sfoderare un bel sorriso.
Ho aperto il frigorifero e ho trovato un panetto di crescenza, perciò l'ho spalmata sulle fettine di pane, ho spolverato con un'idea di pepe e sopra ho adagiato un pomodoro secco, di quelli che metto sott'olio ogni estate.
Qualche oliva di Kalamata della mia amica Gina (che si farà le più matte risate leggendomi... facile per lei, è una strizzacervelli! sai quanto materiale ricava dalle mie elucubrazioni, ma è un'amica sincera e mi conosce da TAAANTO tempo, sa bene quali sono i miei 'troppi' difetti e pochi pregi) per insaporire oltremodo il boccone e... cincin a tutti voi e auguri a noi! :-)
Voi usate pure le olive che trovate, nere di Gaeta, Celline, Baresane, Ascolane....sono tutte buone!

-ricetta-
un filoncino di pane francese
150 g crescenza
pomodori secchi sott'olio
olive, pepe nero

Affetto il filoncino di pane.
Spalmo su ogni fettina uno strato generoso di crescenza, lo spolvero con poco pepe nero (o paprika se non vi piace il pepe) e sopra ci appoggio mezzo pomodoro secco.
Dispongo le fettine su un piatto, al centro metto una cucchiaiata abbondante di olive, stappo un Franciacorta oppure un Prosecco e servo.

e scusate lo sfogo! ;)

giovedì 9 febbraio 2012

Riso e castagne

Una minestra buonissima, corroborante, adatta a queste giornate con neve, si dice, di nuovo in agguato.
Si usano le castagne secche, quelle da far rinvenire una notte intera, e riso semifino da minestre.
L'ho preparata una sola volta molto tempo fa, mi avevano appena regalato un libro sul riso, chissà dov'è finito, che ne dava la ricetta. Dato che mi era piaciuta avevo ricopiato il procedimento sui miei quaderni, ora mettendo ordine in dispensa ho trovato una confezione di castagne secche che me l'ha riportata alla memoria.
Le sue origini? veniva consumata sicuramente nelle zone appenniniche e pedemontane, dove si raccoglievano le castagne che, per il loro alto valore proteico, sostituivano carne e cibi più preziosi e rari.
E poi ci sono minestre simili nella cucina giapponese, c'è pure una ricetta medievale che prevede la cottura nel latte di riso e castagne.
Provatela, preparatevi con un po' di anticipo un po' di brodo vegetale e procedete.

-ricetta-
250 g riso per minestre
200 g castagne secche
latte, semi di finocchio
60 g burro
1 cipollina tritata
1,5 litri di brodo
formaggio grattugiato

Metto a bagno le castagne nel latte per 12 ore, le scolo e le lesso in acqua bollente salata, profumata con qualche seme di finocchio.
Nel frattempo che cuociono le castagne ho tutto il tempo per preparare il brodo vegetale, caso mai non ne avessi di pronto.
In una casseruola faccio fondere il burro, tenendone da parte una noce, e ci soffriggo la cipollina prima di unire le castagne lessate che ho schiacciato con una forchetta. Bagno con un mestolino di acqua di cottura delle stesse, poi aspetto qualche minuto prima di versare il brodo bollente e il riso, mescolo e faccio cuocere per circa 18' minuti.
Condisco con la noce di burro e qualche cucchiaio di parmigiano.

Falde di peperone alla bagna caöda

La bagna caöda (o càuda) è una deliziosa salsa calda a base di aglio, olio evo e acciughe salate, usata da tempo immemore in Piemonte, dove ci si intingono verdure di vario genere, dai cardi gobbi, alle patate, ai peperoni, ai topinambur.
Solitamente ci vuole il suo tempo per sciogliere al meglio tante acciughe, ma facendone una dose minima si fa piuttosto in fretta.
Ne ho fatta giusto una ciotolina che, invece che utilizzarla col solito fornelletto, ho direttamente aggiunto a falde di peperoni gialli arrostiti su una piastra.
Uno sfiziosissimo antipasto ma, se accompagnata da qualche fetta di pane buono, anche un valido piatto di mezzo.
Un buon bicchiere di Nebbiolo langarolo a coronare il tutto e...prosit!

-ricetta-
2 peperoni gialli piccoli
6/8 acciughe salate
olio evo
3 spicchi di aglio
latte

Pulisco i peperoni, li taglio a falde e li metto a grigliare su una piastra o nel forno.
Metto gli spicchi di aglio (varietà 'rosso di Sulmona') a sbollentare in poco latte, così perdono il forte, quindi li scolo e li schiaccio con la forchetta.
Tolgo il sale e la lisca alle acciughe poi le faccio scaldare nell'olio evo sino a che si disfano, aggiungo la poltiglia di aglio e con questa salsina nappo le faldine di peperone.
Scaldo sulla piastra alcune fettine di pane e servo insieme ai peperoni salsati, caldissimi.


mercoledì 8 febbraio 2012

Risotto al succo d'arancia

Ho ancora delle arance bio dolcissime e succose e ci tenevo a provare questa ricetta che mi ero trascritta, che contempla l'uso di brandy e succo d'arancia.
Domenica scorsa in molte piazze d'Italia l'Airc ha distribuito molte reticelle di arance biologiche, se qualcuno di voi le avesse acquistate può cimentarsi con questo piatto.
E' un esperimento, mai provato prima questo risotto, molti altri alla frutta si, quelli con fragole, mele, pere, persino melone.
Del resto il riso si può abbinare a quasi tutto, proviamo dai.
Un risotto delicato dedicato alle mie amiche siciliane.

-ricetta-
350 g riso Baldo
60 g burro
1 cipolla piccola, 60 g, tritata finisssima
brodo vegetale
5 cc di brandy
2 arance spremute
mascarpone o robiola, 1 cucchiaio abbondante
formaggio grattugiato
fettine di arancia per decorare

Faccio soffriggere nel burro la cipolla, senza farla colorire troppo, quindi verso il riso che si dovrà tostare bene prima di sfumarlo col brandy che infiammo inclinando la pentola. Mescolo per far evaporare l'alcool poi tiro il riso a cottura con il brodo bollente aggiungo a mestoli.
Dopo 8' è il momento di versare il succo delle arance.
Quando è cotto al dente spengo, regolo di sale se occorre e manteco col mascarpone e con parmigiano a piacere, mescolo poi copro e lascio riposare 3'.
Servo nei piatti e decoro con una fettina d'arancia e un po' di pepe fresco.

Insalata dolce-amaro-piccantina

Il giardino e i prati circostanti sono ancora tutti ammantati di bianco ma sono bastati alcuni raggi di sole e pochi gradi in più tanto da far risalire il termometro verso i -5° per invogliarmi a preparare una fresca insalata di stagione come piatto unico per il mezzogiorno e lasciarmi la solita zuppa (si fa per dire) per la sera.
Ho lasciato libero sfogo alla fantasia dopo aver svuotato mezzo frigorifero e la dispensa di barattoli e confezioni mezze aperte.
Ho utilizzato anche della mostarda senapata forte di Voghera, una specialità della zona di cui andiamo ghiotti (ma dev'essere bella piccante) viziati da uno zio di mio marito, originario di questa cittadina del pavese, che era il fornitore di tutta la frutta necessaria a produrre questa prelibatezza sin dagli anni del dopoguerra. La zia sua moglie se la faceva confezionare apposta, soprattutto di mandarini, così piccante che era ottima per contrastare gli effetti del raffreddore, bastava uno spicchio di frutta candita in sciroppo alla senape e il naso si liberava come per incanto.
Perciò ho mescolato il dolce del finocchio con l'amaro del tardivo, il piccante della mostarda e dello zola naturale, la nota speziata dello zenzero candito e il salato delle alici sott'olio, smorzando il tutto con cubotti di fiordilatte e condendo con fiocchi di fleur de sel e olio monocultivar di taggiasche, leggero e profumato perchè di sapori importanti ce ne sono già parecchi.
Non avete o non trovate il tardivo? usate un Chioggia o un trevisano, lo zenzero marinato è indispensabile ma ormai lo si trova nello scaffale dei cibi etnici, si usa principalmente per il sushi.
Masticherete ogni boccone percependo i vari aromi e sapori... accompagnate con un panino integrale e il pranzo è fatto.

-ricetta-
1 cespo di radicchio tardivo
1 finocchio
1 fiordilatte da 200 g
100 g mostarda piccante (mandarino e fico)
40 g zola naturale o roquefort
4 alici sott'olio
zenzero marinato
sale in fiocchi, olio evo

Pulisco il radicchio e taglio a filetti i gambi più grossi.
Tengo solo il cuore del finocchio, la parte più tenera, e lo faccio a spicchietti.
Taglio un mandarino e un fico di mostarda a spicchi.
Scolo con anticipo il fiordilatte dal latticello di conservazione e lo asciugo bene, poi lo taglio a cubotti grandi.
Sgocciolo e spezzetto le alici, tolgo dal vasetto 5/6 strisce di zenzero.
In una terrina accomodo le foglie di radicchio e i finocchi, poi sbriciolo lo zola e dispongo i pezzetti di zenzero e di alici.
Dispongo dei dadi di fiordilatte e i piccoli spicchi di mostarda.
Spolvero con pochi fiocchi di sale e verso un giro di olio evo a filo.
Mescolo solo in tavola e servo col panino a fette.

martedì 7 febbraio 2012

Zuppa di Grumi di grano saraceno

Fa un freddo siberiano, servono ricette leggere e facilmente assimilabili.
Eccone un'altra presa dalla cucina Alto Atesina, una minestra corroborante, semplicissima perchè fatta di pochi ingredienti, farina di grano saraceno, farina bianca, acqua, latte e sale, nata probabilmente anni addietro per riciclare avanzi di farina nella madia, un po' di latte appena munto e un pizzico di sale.
Richiede solo un po' di manualità per fare i grumi, è proprio come si mescola la semola per fare il cuscus, un lavoro ancestrale, ma poi la cottura è veloce.
Ingredienti semplici e poveri, come quelli che si potevano trovare nei masi spesso isolati per mesi in inverno, dove avevano scorte di farina e il latte prodotto dalle vacche nella stalla.
Una zuppa adatta alla cena, con benefici effetti sul sistema nervoso perchè il latte caldo contiene caseomorfine che hanno potere calmante e rilassante e favoriscono il sonno.
Per prepararla ci vorrà una mezz'ora circa.

-ricetta-
1,2 l latte
150 g farina di grano saraceno
1 cucchiaio di farina bianca
acqua tiepida
sale
salvia, pepe e noce moscata

In una terrina bassa e larga metto le farine setacciate e aggiungo acqua a piccolissimi spruzzi, poi con una mano mescolo girando in senso rotatorio a dita aperte, si formeranno dei grumi che setaccerò via via utilizzando un ragno, mettendoli in un altro recipiente e continuando a raggrumare il resto della farina con altri spruzzi di acqua.


Metto a scaldare il latte con un pizzico di sale e appena bolle verso i grumi, mescolo e quando vengono a galla, circa 5', spengo e scodello la zuppa.
A me piace profumarla con qualche foglia di salvia aggiunta al latte, una grattatina di noce moscata e di pepe.

lunedì 6 febbraio 2012

Zuppa di orzo

Solitamente il mercoledì, quando siamo in settimana bianca, lo dedico a una giornata di sosta dallo sci e spesso ne approfitto per seguire una giornata di corso di cucina ladina, in un maso sopra San Leonardo in Val Badia, un posto stupendo, rimasto com'è da quando è stato costruito alcuni secoli fa.
Un luogo fatato, dove ti aspetti di veder spuntare elfi dai boschi e dove cuoca Erika, in una antica stube tutta rivestita di legno di cirmolo e con una enorme stufa in ceramica, mi ha insegnato a cucinare alcuni piatti tipici ladini, la zuppa di orzo in primis.
La ricetta pertanto è la sua, quella che eseguimmo una ventina di anni fa assieme a lei, eravamo otto appassionati che dopo esserci cimentati nella prova pranzammo nel maso tutti assieme gustando i piatti preparati.
Proprio in questi giorni saremmo dovuti essere lassù, in quella splendida valle, per la nostra abituale settimana bianca, annullata per l'incidente occorso a mio marito, così, ripensando con nostalgia alla vacanza mancata, mi dedico questa fumante e saporita zuppa.
Occorrerebbe il carré affumicato che io naturalmente ho nel freezer, appena mi capita di trovarne qualche pezzo in giro lo acquisto appositamente per fare questa minestra, se non lo trovate potete usare un pezzetto di speck e una cotoletta di maiale.

-ricetta-
200 g orzo perlato
1 carota
1 gambo di sedano
1 porro piccolo
1 spicchio di aglio tritato
1 foglia di alloro
2 l di acqua
1 fetta di carré affumicato (circa 200 g)
sale


Metto a scaldare l'acqua in una pentola, appena bolle unisco il sedano e il porro pulito e tritato, la carota grattugiata, lo spicchio di aglio, l'alloro, la fetta di carne e un pizzico di sale (poco perchè il carré affumicato è abbastanza salato).
Lascio cuocere 30' poi aggiungo l'orzo e continuo la cottura per ancora un'ora e mezza.
La zuppa diventerà densa, tolgo la fetta di carré e la sminuzzo rimettendola poi nella zuppa.
Servo e completo con poco pepe nero.

domenica 5 febbraio 2012

Polenta e bacalà a la vixentina



Ricetta famosissima nel mondo intero, tramandata dai vicentini che ne hanno una loro molto ben codificata sia dall'apposito sito www.baccalaallavicentina.it, che dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina.
La ricetta che cucina tuttora, con gran successo e apprezzamento, mia mamma è quella della zia e della nonna, che invero non si discosta di molto da quella 'originale' della Siora Vittoria, proprietaria in città di una trattoria sul finire dell'800.
Sempre secondo la mamma il pesce deve essere assolutamente della qualità Ragno, una varietà pregiata di merluzzo artico norvegese proveniente dalle Lofoten, essiccato non salato.
La storia dello stoccafisso (che però a Vicenza chiamano bacalà) con cui viene realizzato questo piatto parte da lontano, Capitan Querini naufragò nel 1432 sulle isole Lofoten e al suo ritorno a Venezia riportò questi pesci essiccati, molto più comodi da conservare del costoso pesce fresco, decretandone il successo a livello europeo.
Per fare questo piatto servono pochi ingredienti ma di massima qualità e molto tempo, sia per l'ammollo che per la cottura lentissima, nel tegame il tutto deve 'pipare', ossia sobbollire pianissimissimo e non deve mai essere mescolato ma appena scosso, ogni tanto. Allo scopo è utile cuocerlo in una pentola di coccio o di alluminio.
Si può certamente definire uno slow food, comunque sui banchi del mercato spesso si trova lo stoccafisso già ammollato dal rivenditore, in questo modo i tempi si accorciano di molto.
L'abbinamento con polenta è d'obbligo.

-ricetta-
1 kg di stoccafisso secco
500 g cipolle
4 acciughe sotto sale
olio evo
1/2 l latte fresco intero
farina e prezzemolo tritato
polenta messa in forma

Comincio col mettere a mollo il pesce in acqua fresca per 2 o 3 giorni, quando c'erano le fonti si faceva correre l'acqua a filo ora, per non sprecarne troppa, basta cambiarla di sovente (ogni 2-3 ore).
Poi lo batto col pestacarne per sfibrarlo, elimino parte della pelle, lo apro a libro e tolgo la lisca centrale e tutte le spine visibili. Lo taglio a tranci regolari.
Pulisco e affetto sottili le cipolle.
Tolgo il sale, lavo e elimino la lisca alle acciughe che poi taglio a pezzetti.
In una padella faccio rosolare le cipolle con 1 bicchiere di olio, poi aggiungo le acciughe e per ultimo il prezzemolo, senza farlo cuocere.
Infarino leggermente i pezzi di bacalà, stendo un po' di soffritto sul fondo del tegame di coccio (una delle mie pentole storiche di Caleca) e sopra appoggio il pesce accostando i pezzi uno all'altro, ricopro con le rimanenti cipolle, col latte e con tanto olio quanto basta ad arrivare a filo. Salo leggermente e macino poco pepe.
Faccio cuocere, usando uno spargifiamma e un coperchio, per circa 4 ore su fuoco dolcissimo, scuotendo appena di tanto in tanto.
Nel frattempo preparo la polenta da servire a fette.
Dopo una notte di riposo è ancora più buono.

sabato 4 febbraio 2012

Pasta all'uovo, ragù bianco e primosale al cumino

Lo avrete capito tutti oramai, la mia preferenza va ai primi piatti quando sono da sola.
Sono veloci da cucinare, gli zuccheri che contengono si assimilano bene, non alzano troppo il picco glicemico, tanto è vero che spesso, la sera, mi accontento di frutta cotta o di una grande spremuta.
Perciò le vie per cucinarli sono infinite.
Da una delle nostre mega-cene avevo avanzato due nidi di pasta, in questo caso le Frappe di Dallari, una ditta che produce ottime paste industriali all'uovo.
Persino troppi! ma mica posso cuocerne uno alla volta. Comunque dato che è una pasta che rende moltissimo, a meno che non si tratti di appetiti molto robusti, calcolate un nido a testa più uno, come si fa coi cucchiaini di the per la teiera. Al solito la ricetta è per 4 persone.
Se usate un'altra marca regolatevi secondo la vostra esperienza.
Il sugo l'ho pensato in bianco con un soffritto di porro. Alcuni dadi di primosale messo a macerare con olio evo e semi di cumino per completare. Tutto qua.
I porri sono tra quegli alimenti che conservo spesso in dispensa, perchè versatili, saporiti e leggeri a cui, se sono un po' appassiti, basta eliminare una o due foglie esterne, sebbene sia meglio dal punto di vista organolettico consumarli quanto prima dopo averli acquistati.
Il ragù bianco potete farlo con carne di maiale, coniglio, persino pollo.
Tra i miei atout tengo sempre in freezer un paio di nodini di maiale, all'occorrenza elimino l'ossicino, li trito a coltello e li uso come carne da sugo se non ne faccio cotolette alla viennese.

-ricetta-
5 nidi di pasta
2 nodini di maiale, circa 350 g
1 porro
125 g primosale
semi di cumino, sale, pepe
olio evo

Comincio con il tagliare il primosale a dadini, lo metto in una ciotolina e lo cospargo con alcuni semi di cumino e un filo di olio evo.
Poi pulisco il porro, lo taglio sottilissimo e lo metto ad appassire in un velo d'olio, spolverato di poco sale.
Metto a scaldare l'acqua, salata, per la cottura della pasta.
Trito la carne dopo aver rimosso l'osso se c'è, e la aggiungo al porro facendola rosolare bene.
Sfumo con un po' di acqua della pasta e porto a cottura, in massimo 10'.
Quando l'acqua bolle butto i nidi, li mescolo per snodarli e li faccio cuocere al dente, quindi aggiungo un mestolino di acqua al sugo e la pasta, la faccio saltare per farle assorbire condimento e liquido e poi la impiatto, mettendo per ultimi i dadini di formaggio e poco pepe macinato.

Abbinamento? un Bardolino, mediamente leggero e fruttato, quello di Giovanna Tantini per esempio, annata 2009, uno dei miei 'vini quotidiani' preferito.

giovedì 2 febbraio 2012

Vermicelli di farro, salamella mantovana e peperone giallo

Dalla ricetta di tranci di piadina avevo avanzato una ciotolina di crema di peperoni che, come avevo preannunciato, avrei riutilizzato per condire una pasta.
Per non alterarla l'ho subito congelata, così oggi ho potuto farne questo ricco e avvolgente condimento che a prima vista potrebbe assomigliare a una carbonara.
Un mix di sapori decisi per degli spaghetti un po' grandi di farro bio, con la pasta sono un po' fissatella, quella normale proprio non la compero mai, dev'essere di grani particolari, di formati strani, bio o di piccole produzioni artigianali.
Un piatto corroborante per giornate all'insegna della neve, qui fuori sembra un paesaggio da pittura naif, alberi spogli coi rami rivestiti di neve, una candida coltre che ricopre qualsiasi cosa.
Un recupero quanto mai utile vista l'impossibilità di raggiungere un supermercato, non è passato nemmeno lo spazzaneve, a parte che qualcuno potrebbe fare della facile ironia sulle mie (infinite) scorte!
In questi giorni cucino per me sola quasi sempre piatti unici, però le dosi che metto sono sempre per 4 persone.



-ricetta-
320 g vermicelli
1 peperone giallo
3 salamelle mantovane
peperoncino piccante e pomodori secchi (o capuliato)
1 caprino
1 cipollina
pepe, noce moscata, timo, vodka

Mentre si scalda l'acqua per la lessatura della pasta, spello le salamelle e le schiaccio con una forchetta, poi arrovento una padella e le metto a rosolare senza aggiungere grassi, sfumo con 1 bicchierino di vodka, inclino la padella in modo che l'alcool prenda fuoco e appena si spegne aggiungo un cucchiaino di capuliato (o trito 2 pomodori secchi con un pizzico di peperoncino e un'idea di aglio) e le foglioline di un rametto di timo che lascio insaporire prima di spegnere.
Se non ho la crema di peperoni e caprino pronta (vedere la ricetta dei 'tranci di piadina'), la preparo velocemente rosolando il peperone con una cipollina affettata in poco olio evo con l'aggiunta di un po' di acqua, che poi frullo e mescolo al caprino.
Lesso la pasta al dente, la scolo senza asciugarla troppo e la butto in padella sulle salamelle, verso la crema gialla e manteco facendo assorbire un po' di liquido.
Servo spolverando il piatto con una grattatina di noce moscata e pepe e decoro con un rametto di timo.



il lungofiume stamattina...

mercoledì 1 febbraio 2012

quante chiacchiere....

Chissà cosa mi spinge ogni anno a produrre almeno un chilo di farina a settimana di chiacchiere nel periodo di Carnevale?
Bella domanda...forse è follia, tenuto conto che ci sono 4 settimane prima della 1^ domenica di Quaresima... e a farle tutte da sola è un lavoraccio.
Ho iniziato alle 7.30 stamattina per terminare alle 13.30, sei ore tonde per impastare (a macchina), tirare (a macchina), tagliare a mano e friggere (pochissimi pezzi alla volta).
Il fatto è che in tanti se le aspettano, perciò se non ne approfitto quando sono libera da altri impegni, quando mai posso farlo?
Mi aiuto con il supporto di un po' di rock duro e vado avanti spedita.
La ricetta l'avevo già postata all'inizio dei miei racconti culinari qui sul blog, la potete recuperare cercandola nell'apposita casella di ricerca, oppure cliccando qui, anche se la maggior parte delle mie conoscenze aspetta quelle materialmente prodotte.
Queste di oggi saranno un gentile omaggio per i colleghi che hanno, impavidamente, sostituito l'invalido in un periodo di alta morbilità, se le meritano proprio come dimostrazione di affetto e stima per la impareggiabile collaborazione.
Peccato non possiate assaggiarle.
Ciaooo!


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